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E' un
Miles Davis ampiamente calato nell'universo dell'elettronica, e lo si avverte in una maniera impressionante.
La vena creativa di Davis si spinge nel progetto molto particolare di accostare la tromba all'abbondante utilizzo di suoni sintetizzati, loop e ritmi che farebbero pensare di più ad un album anni '80. Affiancato dal giovane e promettente
Marcus Miller e da
George Duke alle tastiere, decide di cambiare completamente rotta usufruendo della nuova tecnologia verso cui intende attuare una profonda sperimentazione con il mondo jazzistico.
Va letto insomma entro un percorso tutto suo, quello della ricerca di un punto di accordo tra canoni più propriamente classici e il moderno.
Si può dire che il lavoro fondamentalmente si stende su di una struttura basata sull'impiego di giri o loop, mentre parallelamente la sordina di Davis improvvisa, dando vita ad un acceso botta e risposta con il basso elettrico. L'omonimo brano
Tutu possiede un ritmo particolarmente coinvolgente e affascinante ove il basso sostiene l'ossatura della sezione ritmica, supportato dall'energico colpo dei pad elettronici della batteria, ed il suono della tromba si contorce su se stesso.
Tomaas invece è un pezzo che seguendo un riff cantilenante, da spazio al suono di due trombe distinte che sembrano quasi ronzare in un acceso battibecco senza dimenticare un privilegiato uso del basso con parti slappate.
Portia ha un andamento piuttosto piano e malinconico, ove a prescindere dal suono del sintetizzatore che rende bene l'atmosfera, si ha davanti un pezzo più propriamente Jazz ove Davis costruisce una fitta trama molto complessa di armoniche che seguono il ritmo insistente del basso.
Splatch e
Backyard Ritual acquistano un gusto particolarmente funky e più , per così dire, sbarazzino, condito dall'accompagnamento del sax in cui si possono ritrovare (soprattutto per la prima) movenze molto simili per rendere l'idea, a quelle dei lavori di
John Zorn ed Electric Masada.
In
Perfect Way, Davis adotta l'utilizzo di un refrain tipicamente vicino alla discomusic per intedterci (suoni sintetizzati e loop di batteria elettronici) duettando con il sax e dando un piglio molto allegro e travolgente.
Don't Lose Your Mind sembra avvicinarsi molto ad un pezzo alla
Human Nature di
Michael Jackson, ma se si separano con attenzione la parte ritmica di batteria e tastiere, con quella del basso e tromba risalta chiaramente come in realtà ci sia un vero e proprio incontro tra un' armonia Jazz ed un'altra di matrice moderna.
L'album si chiude con
Full Nelson, brano a metà strada tra rock, funky e dance ove martellanti sono i riff della chitarra elettrica e del potente slap del basso di
Miller.
Tutu è un album controverso che effettivamente può non piacere, a causa di quei prepotenti elementi anni '80 che in esso si fondono, anzi, per gli amanti del Miles Davis jazzista nel più classico dei sensi, appare
come una caduta verso il "commerciale".
In realtà non è così, ascoltandolo più volte appare maggiormente chiaro come Miles Davis sia un genio proprio per la sua inesauribile capacità di confrontarsi con il nuovo, di poter dimostrare che la musica non muore con l'elettronica, ma anzi che da essa in una certa maniera può trarne giovamento senza alienarsi.
Non a caso, tutta la Fusion successiva sarà praticamente debitrice del suo lavoro e del suo genio.
70/100
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Miles Davis: Tromba Marcus Miller: Basso George Duke: Tastiere
Anno: 1986 Label: Warner Bros. Genere: Jazz
Tracklist: 01. Tutu 02. Tomaas 03. Portia 04. Splatch 05. Backyard Ritual 06. Perfect Way 07. Don't Lose Your Mind 08. Full Nelson
   

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