Scritto da Fabio "Stanley" Cusano Giovedì 21 Ottobre 2010 11:58 Letto : 2370 volte
Come Around Sundown, quinto lavoro in studio della Followil family prosegue la scia del suo diretto predecessore, risultando per certi versi ancora più sentito e appassionato, pronto a scaldare i cuori di milioni fans sparsi per il mondo questo inverno. Un lavoro sincero e sempre debitore della vecchia scuola musicale rock, che continua a dare emozioni senza artificialità prediligendo l'impatto e l'immediatezza. Brani come l'opener "The End", il singolo apripista "Radioactive" (accompagnato da uno splendido videoclip) e e "Pyro" sono la linea di continuità col passato, sfociando come nel caso della seconda in un bel finale gospel con tanto di cori infantili a supporto. La produzione del lungimirante di Angelo Petraglia e Jacquire King porta la band a suonare in presa diretta e ad un approccio più rarefatto, con chitarre a volte debitrici della new wave (e forse è qui l'unica novità stilistica del disco) mantenendo però nei ritornelli quella scorza da inni da stadio pronti per essere cantati a squarciagola negli anni a venire. Abbiamo parlato di immediatezza e non vogliamo contraddirci perchè questo traspare da subito ascoltando le 13 canzoni di Come Around Sundown, ma allo stesso tempo a dispetto di Only By Night denotiamo un combo meno propenso al singolo spaccaclassifica e più sensibile ad una forma canzone densa di carica emotiva; non mancano però episodi alt-country come nel caso di "Back Down South" arricchita da un sofferente violino, brano che sta li a dire "ok, non ci siamo dimenticati della nostra terra e ve lo dimostriamo". "Pony Up" si fa larga attraverso un insolito fraseggio funk col basso in evidenza, "Birthday" gode di una frivolezza unica e spumeggiante, tra buoni assoli blues mentre unica nota stonata all'interno della raccolta sono i 4 minuti di "Mi Amigo". Il finale è col botto, un pò come l'ultimo giorno della feste di paese, arrivano i fuochi d'artificio! Parliamo di "Pickup Truck", per chi scrive la vera gemma (in mezzo ad una marea di diamanti) con Anthony Caleb che sforna una prestazione vocale sofferta ma epica, a tratti solare nel suo pattern col resto della band a tessere una splendida melodia distesa e magnificamente evocativa. Come Around Sundown è tutto questo che abbiamo descritto e molto di più, è il lavoro di un gruppo che ha imparato dai maestri suonandoci accanto, assimilandone il meglio ma senza per questo risultare la brutta copia di nessuno. Un disco che a piccoli tratti rasenta una perfezione compositiva che molti potrebbero trovare fastidiosa (e comunque i detrattori sono sempre dietro l'angolo). I nuovi U2? I nuovi Pearl Jam? i nuovi Rolling Stones senza aver bisogno di un cantante che sculetta? Forse niente di questo o forse tutto questo, ma i Kings of Leon sono un trademark ormai riconoscibilissimo che viaggia sulle propria gambe, consapevole di poter essere la più grande rock'n'roll band per i prossimi 20 anni. Ma attenzione, il manierismo che spesso si traduce in tanti milioni di dollari è li pronto come un avvoltoio. 86/100
|
Anthony Caleb Followill: Voce e chitarra ritmica Anno: 2010 |