Scritto da Paolo Marchegiani Giovedì 08 Giugno 2006 09:56 Letto : 3319 volte
Per vero, se tutto Heathen si fosse attestato sui livelli della davvero eccezionale opening track Sunday adesso staremmo qui a discettare di un grosso album, ma probabilmente sarebbe stato domandare un pò troppo. Ma già a partire dal terzo pezzo Slip Away, che segue una lodevole cover di Cactus dei Pixies, ci riconduce all'interno di traiettorie reiteratamente percorse da Bowie, con una apprezzabile ballad che ad essere sinceri non può non ricordare oltre il lecito Life On Mars. Ma se alcune tracce quali Slow Burn e Afraid non addizionano molto a quanto già proposto nel recente passato dallo stesso Bowie, la vezzosa e scintillante I Would Be Your Slave introduce un'altra rotella al complesso ingranaggio che è la vita artistica di Bowie medesimo. Delle altre due cover che completano Heathen, alla non esaltante I’ve Been Waiting For You di Neil Young fa da contraltare una lodevole rivisitazione di un pezzo del 1969: I Took A Trip On A Gemini Spaceship di Legendary Stardust Cowboy, nel quale le atmosfere evocate richiamano apertamente ad alcune esperienze proprie dei lavori solisti di Adrian Belew. Bowie segna un altro punto da campione con 5 : 15 The Angels Have Gone, song dal refrain che non si scorda facilmente e che potrà agilmente scatenare l’invidia di eleganti artisti pop quali No-Man o Tex La Homa : tuttavia è pacifico che dopo un'apertura piena di stile come questa collocare pezzi quali Everyone Says “Hi” o A Better Future, molto più a loro agio all'interno di album come quelli sfornati da Murray Head, costituisca una scomposta (e deprecabile) caduta di stile. Ma a far levitare il tono dell’album giunge proprio al termine la perla Heathen (The Rays), nella quale un pezzo col marchio "Bowie" viene addolcito da sontuosi arrangiamenti che spalancano dimensioni (quasi) sacrali, sembrano riflessi di luce in grado di dissolvere ombre minacciose. Heathen che è prodotto dal leggendario Tony Visconti può vantare la presenza del grande chitarrista David Torn il quale figura accanto a Pete Townshend e Carlos Alomar, fino a considerevoli partecipazioni come quelle di Tony Levin, Dave Grohl e Matt Chamberlain. Senz'ombra di dubbio è tra i migliori lavori dell’ultimo Bowie, e certamente più degno di considerazione di innumerevoli dischi attualmente figuranti nelle charts mondiali. 70/100
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David Bowie: Voce, chitarra, sax, tastiere, stilofono, batteria Anno: 2002 Sul web: |