Scritto da Giovanni Loria Sabato 10 Febbraio 2018 20:00 Letto : 2751 volte
Le atmosfere dei sette brani oscillano tra fasi più algide e momenti di improvviso fervore, la stessa cangiante dicotomia che porta Oftung a disimpegnarsi tra le atmosfere orientali del flauto dell’opener ‘Over Vidda’ con gli elementi più prevedibilmente nordeuropei di ‘Jord I’. ‘Finske Skoger’ richiama l’aureo universo dei Jethro Tull, con una chitarra tagliente che si interseca con un flauto di stretta osservanza Andersoniana. ‘La Meg Forsvinne’ ha invece nel mirino EL&P, soprattutto nell’emozionante break centrale condotto a tamburo battente da ispiratissimi tasti d’avorio. Su ‘Jord II’, sale al proscenio anche il violino, contribuendo ad accrescere la varietà strumentale di una band che, per chi si astenesse dalla lettura delle note sul libretto, suona a tratti come un’orchestra, pur essendo in realtà composta dal solo Oftung assieme al batterista Kristian Froland. Al solito, non vanno considerati a detrimento dell’opera i riferimenti con entità più celebrate: l’originalità spesso si nasconde tra le pieghe di audaci fusioni tra sonorità più conosciute. Ciò che davvero conta è l’elevato spessore di questo disco, che ha oltretutto il pregio di non raggiungere i 40’ di durata e di non dunque tediare per eccessiva lunghezza l’ascoltatore, un album che conferma la costante crescita di un ensemble ormai all’avanguardia della scena prog di questi ultimi anni. |
Robert Dall Frøseth: basso Anno: 2017 |