Scritto da Gianluca Livi Giovedì 13 Dicembre 2012 21:34 Letto : 2834 volte
Ad ulteriore testimonianza dello spessore artistico sopra delineato, basti soggiungere che nella band hanno in passato militato membri dei Solar Orchestra, interessantissimo gruppo capitolino che unisce il prog all'elettronica, e degli Ezra Winston, band di fine anni '80, di importanza cruciale per il genere neoprogressive peninsulare (abbiamo recensito opere discografiche di progetti ad essa legati, a questi link 1, 2, 3), nonché intervistato l’originario batterista qui. Wherein We Are Water - un concept album dedicato all’elemento acqua - conferma, ancora una volta, aspettative e speranze di critica e pubblico, confezionando un prodotto che risulta carico di substrato artistico, costruito, come di consueto, transitando abilmente tra i meandri sonori di distinte ascendenze musicali: si passa dall’intimismo tipico delle suggestioni rarefatte e raffinate (“La Fenice” e “Ocean Lullaby”), al percussionismo sperimentale (“Dawn” e “Shine”), passando per l’eleganza stilistica della seduzione armonica (“We Were Water”) o per il minimalismo estemporaneo per soli piano e voce (“Clouds and Other Things”). Ed in tema di esplorazioni totalmente inedite, non manca il surrealismo epico ed impetuoso (“Blinking Hands”), la ritmicità ossessiva arricchita da reiterate sperimentazioni vocali (“Blurred Soul”), e - unico episodio meno fortunato dell’intero lavoro, giacché in totale antitesi con quanto finora espresso dalla band - una breve parentesi al limite del danzereccio (la ghost track del cd). Con il malcelato intento di individuare almeno un paio di brani valevoli, da soli, l’acquisto dell’intero cd, è doveroso citare l’incedere cadenzato di “Just a Game” che, in quanto a costruzioni ritmiche (con riferimento ai feel architettonici della batteria e alla profondità del basso), ricorda un certo magnetismo tanto caro ai Porcupine Tree di mezza carriera, e il fascino malinconico di “The Rainbow's End”, probabilmente il capolavoro dell’opera tutta: caratterizzato da una efficacissima melodie drammatica, arricchita da pregevoli sprazzi chitarristici e, ancora una volta, arricchito di efficaci disegni ritmici, rappresenta un raro esempio di Prog di intimistica fattura, capace di evolvere in una fusione di suoni assolutamente inusuale, a metà tra un crescendo misurato dal vaghissimo sapore Crimsoniano e l’eleganza seducente dei più liquidi Floyd. 89/100
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Sergio De Vito: Piano, Tastiere, Sampling, Drums Programming, String Arrangments Anno: 2012 |