Intervista
Domanda: allora Zia, vuoi parlarci un po’ di te, del tuo ingresso nella band? Zia: dunque, io sono nel gruppo ormai da quattro anni, ho quindi realizzato insieme agli altri, “Live underslunky” nel 1992, “Jurassic shift” nel 1993 e “Arborescence” nel 1994.
Domanda: ho notato che rispetto al passato, il sound degli Ozric si è in qualche modo reso più “acido” rispetto a quello che caratterizzava i primi albums. mi sbaglio? Zia: cosa intendi precisamente per “acido”, qualcosa che si riferisce al concetto di acido come sostanza stupefacente, droga o cosa?
Domanda: mi riferisco al fatto che i primi lavori sembrava fossero caratterizzati da un sound più melodico, sostenuto principalmente da una predominante linea di basso, mentre gli ultimi lavori sembrano più pesanti, sicuramente meno melodici, più sperimentali e “sporchi”, se vogliamo. Zia: credo di aver capito cosa intendi, qualcosa di assimilabile ad un concetto heavy del termine psichedelico?
Domanda: Si ecco, qualcosa del genere. Zia: beh, effettivamente hai ragione. Se prendi alcuni primi brani, come ad esempio “Dissolution”, “Sunskape”, “Snakepit” e li paragoni a uno qualsiasi dei brani tratti dagli ultimi lavori noterai questa sostanziale differenza. Questa è più o meno la direzione che il gruppo vuole adottare, e sarà anche la direzione che seguiremo sul prossimo album.
Domanda: a proposito di nuovo album, diteci qualcosa inerentemente alla data di uscita, al titolo, ai brani, ecc. Jon: possiamo solo dirti che l’uscita è prevista per ottobre, ma non conosciamo ancora il titolo e i pezzi sono ancora in lavorazione, quindi non possiamo sbilanciarci Ed: come già ti ha detto Zia, il lavoro sostanzialmente seguirà l’impronta degli ultimi album, cioè molto “acido” e psichedelico. Zia: e molto “heavy”, un po’ come questa sera e come in tutti i concerti degli Ozric, come avrai notato
Domanda: si, indubbiamente l’effetto era abbastanza dirompente, una cosa del tutto inaspettata per chi non ha mai avuto la fortuna di vedervi dal vivo. Jon: questa direzione non vuole rinnegare i primi lavori perché, tra l’altro, come avrai potuto vedere questa sera, dal vivo suoniamo parecchi pezzi di quel periodo, ma semplicemente perché il nostro modo di esprimerci al momento è questo.
Domanda: Jon, sai dirmi come mai, sebbene il vostro primo disco sia “Pungent Effulgent” e il secondo sia “Erpland”, l’ordine dei cd risulta essere invertito cosicché “Erpland” è marchiato come primo e “Pungent effulgent” come secondo? (Tutti i cd della Dovetail sono numerati sul bordo con il codice CD1, Cd2, CD3 e via dicendo. N.d.A.). Jon: Oh, è molto semplice. Effettivamente il nostro primo lavoro é stato “Pungent effulgent” del 1989. Se ci fai caso, quel vinile non ha impresso alcun logo della Dovetail, bensì della Demi-Monde, che era la nostra prima casa discografica. Il secondo vinile al contrario è stato stampato dalla Dovetail. Ora, quando abbiamo realizzato “Erpland” per la Dovetail abbiamo deciso di ristampare il primo album “Pungent effulgent” anche su cd, ma “Erpland” era già uscito sia in vinile sia in cd, ed era stato numerato, secondo criteri della Dovetail, come primo cd (CD1. N.d.A.). Per cui la ristampa in cd del primo lavoro è stata obbligatoriamente stampata con una numerazione successiva attribuendogli tra l’altro l’anno 1990 sebbene fosse stato realizzato nel 1989. Giacché siamo in tema, vorrei dire che “Erpland” è veramente un gran bel disco, uno dei miei preferiti in assoluto; questo pezzo (a causa della collocazione per facciate presente sul disco e della confusione che primeggiava nei camerini non ricordo bene se indicò “A gift of wings”, l’ultimo brano, o “Cracker blocks” il sesto. N.d.A.), è il mio preferito in assoluto e anche l’album.
Domanda: si, effettivamente era un ottimo album, come il primo, del resto. Cosa ne pensate della risposta del pubblico italiano alla vostra musica? Jon: è forte, è “fun”, veramente. Spero di ritornare qui a Roma, è stupenda.
Domanda: in Italia dove suonerete ancora? Jon: solamente a Milano, dopodomani sera, lunedì 1 giugno.
Domanda: Come mai stasera avete suonato solamente in cinque, cioè in una formazione più “scarna” rispetto al normale (un flauto/voce, una chitarra/tastiera, una tastiera, una batteria e un basso), quando normalmente vi fate accompagnare da un percussionista e a volte anche da un altro tastierista? Ed: purtroppo alcuni di noi hanno impegni differenti e variegati. Questo li porta a staccarsi provvisoriamente dal gruppo (lo stesso batterista mi è sembrato più un “turnista” che non quello di sempre. N.d.A.). Per esempio, uno di noi che stasera non era qui, vive in Australia, dunque per lui è un po’ difficile raggiungerci quando ci spostiamo per una tournée; un altro invece ha la moglie che aspetta un figlio.
Domanda: grazie ragazzi e in bocca al lupo per la vostra tournée. Ed: grazie a te e ciao.
Epilogo L’intervista è finita e, alla richiesta di rito degli autografi, il manifesto del concerto è stato immediatamente ricoperto dai membri del gruppo con sconclusionati disegni e surreali messaggi del tipo “Yo Gianluca, space out!”, “Yoo hoo, have fan in the sun!”, “To Gianluca, may the force be with you!”. Il messaggio di John Egan - “Hi Gianluca, 3on3i=ç?°(wow! Yò!” - è stato certamente molto suggestivo, oltre che espressione di grande coerenza: infatti, così come poco prima, sul palco, talmente "preso" dalla musca, ha suonato il flauto per buoni 3/4 allontanandosi dal microfono (con il risultato che il pubblico non ha percepito buona parte della sua performance), nel rilasciare il suo autografo, con sguardo non meno beato e pacifico, ha spesso staccato il pennarello dal foglio disegnando sinuosamente nell'aria, osservato dai presenti divertiti (con il risultato che, quanto egli avrebbe voluto trascrivere, è andato per buona parte irrimediabilmente perduto). Era ancora "preso dalla musica", il nostro John...
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