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Bill Bruford (Yes, King Crimson, Earthworks)

Intervista di Gianluca Livi -
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Traduzione di Paolo Maggi

Bill Bruford è un artista che ha bisogno di ben poche presentazioni: batterista di spicco della scena progressive anglosassone fin dalla fine degli anni sessanta, è il solo musicista che può vantare la presenza nelle tre migliori band inglesi di sempre - Yes, King Crimson, Genesis – annoverando peraltro il primato di essere stato presente allorquando ognuno di questi gruppi ha scelto di presentarsi al pubblico con due batteristi sul palco.

E' famoso per aver rivoluzionato la tecnica del drumming: in ambito acustico viene spesso indicato tra i pochi batteristi di formazione rock capace di competere con i colleghi provenienti dal jazz - dai quali è largamente stimato - mentre, parlando di batteria elettronica, è stato capace di unire un forte senso della melodia all'uso di soluzioni poliritmiche complesse.
A distanza di 6 anni dal suo ritiro, sceglie "Artists And Bands" per parlare delle sue ultime esperienze e citare alcuni episodi della sua carriera pregressa.


BILL BRUFORD

Tutte le fotografie sono © Copyright Bill Bruford and Bill Bruford Productions Ltd.

- A&B -
Nel gennaio 2009, ti sei ritirato sia dall'attività dal vivo, sia da quella in studio. Hai mai rimpianto questa scelta? Cosa è successo da quel momento, musicalmente?
- Bill Bruford -
Assolutamente nessun rimpianto. Attualmente sto studiando per un dottorato alla Surrey University, una ricerca incentrata sull'esperienza della performance creativa del batterista. A tempo debito, spero di scrivere un libro sull'argomento. E' stato un privilegio poter essere in condizione di fermarmi dall'attività per potermi dedicare con maggior cura all'esame di cosa faccia esattamente un batterista, il perché e se vi sia qualcosa di creativo nel processo; in tal caso, in che modo quella nozione di creatività può informare la prassi del batterista. Per 5 anni non ho assolutamente suonato e nemmeno toccato la batteria.

- A&B -
Analizzando la tua carriera solista, credo che la band Bruford fosse un esempio genuino di gusto raffinato, corretto equilibrio dei ruoli, efficaci soluzioni armoniche. Riguardo ai primi due album ("Feels Good to Me" e "One of a Kind") ritengo che l'accoppiata Bruford/Holdsworth fosse perfetta. Sei d'accordo? E perché non hai più lavorato con Allan in seguito?
- Bill Bruford -
Ho amato il modo di suonare di Allan. Una delle cose fantastiche di mettere su una band propria è che puoi scegliere i tuoi musicisti preferiti! Mi piace proprio come suonava Allan in quei due dischi ma poi mi ha confessato di sentirsi troppo vincolato e chiuso in quegli arrangiamenti così definiti e che avrebbe voluto maggiore libertà. Per questi motivi, ha formato suoi gruppi personali.

- A&B -
Ritieni che i Bruford e gli Earthworks siano un'evoluzione dello stesso progetto?
- Bill Bruford -
Beh, mi sembra che in una certa misura Bruford fosse una cosa a metà strada tra rock e jazz, mentre gli Earthworks erano volutamente strutturati come un gruppo jazz, in modo tale da:
a) avvalersi dei più brillanti giovani jazzisti londinesi del momento, Django Bates e Iain Ballamy;
b) utilizzare le innovazioni elettroniche che si stavano sviluppando in campo batteristico.

- A&B -
Sei stato coinvolto in alcuni progetti che non sono andati a buon fine. Sarei curioso di sapere riguardo al trio con Rick Wakeman e John Wetton, alla collaborazione con Jack Bruce e alla proposta di Jimmy Page e del gruppo con Paul Rodgers e il bassista Pino Palladino.
- Bill Bruford -
Molto spesso i musicisti fanno tentativi che non funzionano per un'infinità di motivi culturali, musicali, sociali, psicologici o commerciali. O anche, dopo aver provato un'idea, semplicemente per il fatto che non “si prendono”, non si sentono reciprocamente ben assortiti. Mi sembra che il trio con Rick e John fosse il primo col quale ho suonato il mio breve pezzo "Beelzebub" che  poi è apparso in apertura del mio primo disco e in chiusura dell'ultimo ("The Summerfold collection", BBSF022CD).

 

- A&B -
Parlando delle band di rock progressivo dei '70 in cui hai militato, credo che la prima formazione degli UK fosse la più interessante, anche più dei King Crimson. Perché hai lasciato la band?
- Bill Bruford -
E' stato John Wetton a chiedermi di andarmene. Lui e Eddie Jobson volevano che la band prendesse una piega più commerciale che poi ha generato gli Asia. Così ho chiesto ad Allan di unirsi ad una band che portasse il mio nome e abbiamo continuato per un paio d'anni col nome Bruford. Gli UK erano costruiti su un equilibrio complesso tra membri con una sensibilità improvvisativa di tipo jazzistico che cercavano qualcosa di nuovo ad ogni performance (Bruford e Holdsworth) e quelli con una sensibilità rock o pop che cercavano di presentare un “prodotto” identico e coerente ad ogni esibizione (Wetton e Jobson). Nel primo album c'era il giusto equilibrio ed era molto efficace ma molto presto la richiesta di suonare in modo contenuto e controllato è divenuta troppo pressante e la situazione insostenibile. E' una storia lunga che ho raccontato dettagliatamente nella mia autobiografia [l'edizione italiana è disponibile qui - n.d.R.].

- A&B -
Hai dedicato buona parte della tua biografia agli Earthworks. Consideri questo gruppo il più importante nel quale hai suonato? Sinceramente, io pensavo ai Crimson degli anni '80...
- Bill Bruford -
Io ho scritto il libro che interessava a me, non il libro che interessava a te. Non ha molto senso argomentare su ciò che tu ed io consideriamo importante. Noi non ci conosciamo ma oggi il mio libro ti racconta molto di me e questo è il motivo per cui io l'ho scritto. Quando tu scriverai un libro, io credo che tu dirai quello che interesserà a te.

- A&B -
Hai assolutamente ragione. Non mi fraintendere: ti ho chiesto dei Crimson anni '80 perchè tutti sanno che si tratta della tua formazione preferita. Parlando dei King Crimson, che opinione ti sei fatto delle due recenti incarnazioni? Ovviamente, la domanda riguarda due band: il ritorno dei Crimson con la formazione strutturata su sette elementi senza Adrian Belew e il Crimson Project con Belew/Levin/Mastelotto [maggiori dettagli sulla seconda formazione qui].
- Bill Bruford -
Non ho seguito bene tutti i recenti sviluppi dei Crimson e adesso ho altri interessi. Non ho mai visto la formazione con tre batteristi e la cosa mi sembra un po' eccessiva. Riguardo al Crimson Project, mi spiace, ma non ne so nulla. Del resto, se avessi voluto restare in quel giro, avrei evitato innanzitutto di andarmene dalla band!

- A&B -
Sono un fan accanito dei King Crimson, non tanto dei ProjeKcts, in particolare quelli privi di batterista (nonostante la band ne annoverasse due, te e Pat Mastelotto). Quali ProjeKcts ti sono piaciuti e quali meno (compresi quelli ai quali non hai preso parte)?
- Bill Bruford -
L'unico che abbia ascoltato è quello in cui ho suonato, il live al Jazz Café di Londra [si riferisce al ProjeKct One, nato il 1° dicembre del 1997 e formato da Bill Bruford, Robert Fripp, Trey Gunn e Tony Levin. Ne abbiamo parlato qui - n.d.R.] che mi sembra abbia davvero una potenza ed energia spaventose. Proprio l'altro giorno ho riascoltato il cd e sono quasi caduto dalla poltrona. Favoloso! 

- A&B -
Se dovessi scegliere un batterista con cui riformare il doppio trio, con riferimento agli attuali o agli ex dei Crimson, quale sceglieresti?
- Bill Bruford -
Probabilmente Gavin Harrison. Gavin è un musicista estremamente talentuoso che sta indicando la strada in diversi sviluppi, con una prospettiva innovativa: modulazione della metrica, struttura delle battute, illusioni sonore e un'infinità di altre tecniche percussive. Il suo lavoro ebbe una grande influenza su di me durante la realizzazione di "Thrak". Una volta capito che Pat avrebbe suonato patterns alla Ringo Starr a fronte dei miei, alla Elvin Jones, è stato facile. Mentre Pat manteneva il pubblico connesso alla musica con un tradizionale steady beat, io ero libero di giocare al terrorista metrico e timbrico, svariando dove volevo.

- A&B -
Sei il mio batterista preferito (sono un modesto batterista e ogni volta che ti ascolto penso che avrei dovuto scegliere un altro strumento). Tuttavia (e ti chiedo scusa per questo), a mio modesto avviso, il tuo amore per la batteria elettronica, in un periodo in cui il suono non era ancora definito, è un regresso nel tuo stile. Perché ti sei innamorato dello strumento elettronico e perché poi lo hai abbandonato, nonostante le successive evoluzioni tecnologiche che ne hanno migliorato le prestazioni?
- Bill Bruford -
L'evoluzione della batteria elettronica non era l'aspetto che mi interessava: i produttori cercavano solo di imitare il suono di quella acustica e non penso che la cosa fosse tanto interessante. Piuttosto, mi interessava la possibilità di un ibrido che potesse offrire le opportunità melodiche e armoniche di una tastiera ma col suono prodotto da un batterista, con le bacchette e un kit elettronico.
Ho lasciato perdere per tre motivi:
a) la spaventosa quantità di tempo necessario per tirar fuori qualcosa di interessante da un riluttante e inaffidabile gruppo di strumenti suonati a parte. Le cose diventavano interessanti al di là delle possibilità offerte dal loro design solo quando si potevano far interagire con altri strumenti e farli comunicare via MIDI. Durante i 14 o 15 anni che ho suonato la batteria elettronica, credo di aver prodotto solo 14 o 15 composizioni che ottimizzassero le funzioni di percussioni elettroniche e il cui interesse fosse prodotto davvero da quello strumento. Circa una all'anno non è un gran che, visto il tempo che ci è voluto;
b) La complessità degli strumenti ha determinato un'inefficienza di mercato e i produttori sono stati costretti a spostarsi sul mercato dell'home-entertainment market, dove tutto resta a livello di pre-set, già pronto per l'uso standard;
c) Costi di spedizione, manutenzione e l'inaffidabilità dei prodotti: ognuna di queste cose comportava un gravame.

- A&B -
Yes, Genesis e King Crimson hanno attraversato fasi in cui erano presenti due batteristi. Parlando di due drum kit  su un palco, che differenze hai riscontrato nelle tre esperienze?
- Bill Bruford -
Interessante vero? La doppia batteria non è una cosa comune e io sono stato in tre gruppi con questa soluzione, almeno per uno o due tour. La differenza la fanno le persone, come sempre peraltro. Alan White, Phil Collins, Jamie Muir, Pat Mastelotto e Adrian Belew hanno tutti diverse personalità, con stili e progetti diversi. Penso che i risultati migliori fossero in "Cinema Show" con i Genesis (una bellissima versione del brano è ascoltabile nel doppio live "Seconds Out"), l'album "Thrak" con i Crimson e mi piaceva improvvisare su "Indiscipline" dei King Crimson, con Adrian Belew che teneva lo steady beat di base. Anche "Waiting Man" era fantastica, con tutto il lavoro sui pads di elaborazione del pitch. Con gli Yes non c'era grande differenza: io ero la salsa olandese a guarnire lo spezzatino e le patate di Alan White.

- A&B -
Nella biografia dei Genesis "Chapter and Verse", parlando della tua militanza nella band, hai scritto che a Phil, Steve, Mike and Tony non piaceva la tua tendenza ad improvvisare, ma hai anche ammesso di aver fatto un po' il presuntuoso. Alla fine, avresti loro chiesto: “vogliamo riprovarci?
- Bill Bruford -
Non ho letto la biografia dei Genesis e non ho nemmeno scritto alcun contributo ma, in generale, il punto della tua domanda è corretto: ero presuntuoso e un po' troppo irruento, improvvisando quando possibile. In buona sostanza, un po' irritante. Mi sono sorpreso che mi abbiano accettato così tranquillamente e che fossero così gentili. Ero pronto a partire coi miei progetti musicali e avevo firmato per un anno intero di tour coi Genesis, perciò molto presto mi sono annoiato, dato che non è che avessi molto da fare in quella situazione.

- A&B -
Grazie infinite a Bill Bruford per questa intervista, la prima dal suo ritiro di sei anni fa.
Per ulteriori informazioni su Bill Bruford, visitate il suo sito ufficiale
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Questa intervista è protetta dal diritto d'autore (© 2015 Gianluca Livi)
e può essere riprodotta in parte o per esteso con il permesso dell'autore.

All photographs are © Copyright Bill Bruford and Bill Bruford Productions Ltd.


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ENGLISH VERSION

- A&B -
In January 2009 you retired from public performance. At the same, you retired also from studio recording. I would like to know if you regret this choice and what happened from 2009 to today, musically.
- Bill Bruford -
Absolutely no regrets. I am now a doctoral student at Surrey University researching in to drummers’ experience(s) of creative performance. I hope to write a book on the topic in due course. It has been a privilege to be able to step back out of practice to examine with more rigour what it is that drummers do, why they do it, to ask if there is anything creative about it, and if, so, how might such a notion of creativity inform their practice? I have not been playing any music. I’ve not touched the drums for five years.


- A&B -
About your solo career, in my opinion, the band Bruford was a genuine example of refined aesthetic taste, right balance of roles, effective harmonic solution. Talkin' about the first two albums ("Feels Good to Me" and "One of a Kind") I think that the combination Bruford/Holdsworth was perfect. Do you agree and why you didn't work with Allan later?
- Bill Bruford-
I adored Allan’s playing. One of the great things about running a band is you can hire all your favourite people! I loved what Allan did on those records, but he said he felt constrained and boxed in by the tight arrangements, and wanted to have more freedom. So he formed his own groups.


- A&B-
Do you think that Bruford and Earthworks are an evolution of the same band/project?
- Bill Bruford-
Well, I suppose to some extent Bruford was a half-way house between rock and jazz, but Earthworks was deliberately constructed as a jazz group to:
a) use the brightest young jazz musicians in London at the time, Django Bates and Iain Ballamy;
b) use the developing electronic drums.


- A&B-
You have been involved in a high number of abortive projects: I would like to know about the trio with Rick Wakeman and John Wetton, the collaboration with Jack Bruce and the proposal by Jimmy Page to join him with Paul Rodgers and the bassist Pino Palladino.
- Bill Bruford -
What do you want to know? Many times musicians try things that don’t work, for any number of cultural, musical, social, psychological or commercial reasons. Or just because, after trying an idea, people don’t feel they are well-suited to each other. I think the trio with Rick and John was the first to play my short tune Beelzebub which was the first tune on my first album and the last tune on my last album (The Summerfold collection BBSF022CD).



- A&B -
Talking about the progressive band of the '70s with you played, I consider the first incarnation of UK the most interesting, more than King Crimson. Why you left the band?
- Bill Bruford -

I was asked to leave by John Wetton. He and Eddie Jobson wanted to take the band on to a more commercial pathway which resulted in Asia. I suggested to Allan that he come to a band under my own name, and we continued in Bruford for a couple of years. UK was built upon a difficult balance between those with an improvisational jazz sensibility which seeks something new every night (Bruford and Holdsworth) and those with a rock or pop sensibility which seeks to present an identical, consistent ‘product’ every night (Wetton, Jobson). The first album got the balance right and was very effective. But very soon the demand to play safe became too much, and the situation became untenable. It’s a long story told better in my autobiography [Italian language edition available here - n.d.R.].

- A&B -
You devoted a large part of your autobiography to Earthworks. Do you consider this band the most important where you played? Honestly, I thought to the Crimson of the '80...
- Bill Bruford -

I wrote the book that interested me, if not the book that interested you. It is futile to argue about what you and I consider important. We don’t know each other, but my book now tells you a lot about me, and why I did what I did. When you write a book, I trust you will write about what interests you.

- A&B -
You're right. Just asked because it seemed to many people that '80s Crimson were you're favourite line up ever. Talking about King Crimson, what do you think about recent evolutions?

The question is about two bands, of course: King Crimson's return with the seven-piece line-up excluding Adrian Belew and the Crimson ProjeKct by Belew/Levin/Mastelotto
[more info about Crimson ProjeKct here].
- Bill Bruford -
I haven’t followed the developments in King Crimson closely. My interests lie elsewhere now. I haven’t seen the one with three drummers, but that seems a bit excessive to me. I’m sorry but I don’t know about the Crimson Project. If I wanted this level of closeness I’d gave never left the band in the first place!


- A&B -
I love King Crimson but not the ProjeKcts, especially those without a drummer (despite you and Pat Mastelotto). Which ProjeKcts you liked and which you didn't (including those without you)?
- Bill Bruford -
The only project I heard was the one I played in at the Jazz Café in London [ProjeKct One, formed by Bill Bruford, Robert Fripp, Trey Gunn e Tony Levin. More details here
- n.d.R.], which seems to me to have a frightening amount of energy and power. I heard the CD again the other day and it nearly blew my socks off. Fabulous!


- A&B -
If you had to choose a drummer with whom to reform the double trio (choosing between all the drummers of Crimson, current or past), who would you choose?
- Bill Bruford -
Probably Gavin Harrison. Gavin is an extremely talented player who is leading the way in a number of new(ish) developments; metric modulation, beat placement, aural illusions, any number of interesting and skilful things to do on a drum kit. His work was a big influence on me during the Thrak album. Once we had figured out that Pat would play Ringo Starr to my Elvin Jones, it was easy. While Pat connected the music to the audience with a steady beat, I was free to play the metric and timbral terrorist off to the side.


- A&B -
You are my favourite drummer (I'm a modest drummer and every time I'm listening to you, I regret having chosen the drums and not others instruments). However (and I apologize for that) in my opinion, your love for electronic drums (in a time when the sound was not yet defined) is a decline in your style. Why you fell in love with this instrument and why you abandoned it, despite the technological evolution (that allowed the instrument to improve its sound performance)?
- Bill Bruford -
The evolution of electronic drums was not one that I was interested in. The manufacturer’s just tried to imitate the acoustic kit, and I did not think that was very interesting. I was interested more in a hybrid instrument which would have the chordal and melodic possibilities of any keyboard instrument but with the sound coming from a drummer with drum sticks and electronic pad. I gave up for three reasons:
a) The excruciating amount of time needed to extract something interesting from a reluctant and unreliable group of disparate instruments played a part. The things only became interesting beyond their design capabilities, and when you inter-married them with other instruments and got them to talk to each other through MIDI. In the fourteen or fifteen years I was actively on board, I suppose I gave rise to no more than fourteen to fifteen compositions which were absolutely a function of electronic percussion, and whose charm arose uniquely from that instrument. At about one a year, that’s not a great output, given the time it took;
b) The complexity of the instruments caused the bottom to fall out of the market and the manufacturers were forced to cater for the home-entertainment market, where everything remains on pre-set one, and comes ready cooked;
c) Shipping costs, maintenance, and unreliability, all took their toll.



- A&B -
Yes, Genesis and King Crimson lived an incarnation with two drummers. What are the differences, talking about a double drum set, between the three experiences?
- Bill Bruford -
Yes, that’s interesting isn’t it? Having two drummers is unusual, and I was in three bands that did that, at least for a tour or two. The difference is in the people – it always is. Alan White, Phil Collins, Jamie Muir, Pat Mastelotto and Adrian Belew are all very different personalities with different styles and agendas. I think it worked best in "Cinema Show" with Genesis, the "Thrak" album with Crimson, and I loved improvising over King Crimson’s "Indiscipline" with Adrian Belew keeping the steady simple drum kit beat. "Waiting Man" was great too, on the pitched electronic pads. In Yes it made no difference. I was the hollandaise sauce to Alan White’s meat and potatoes.


- A&B -
In the Genesis' biography "Chapter and Verse", talking about your militancy in the band, you wrote that Phil, Steve, Mike and Tony did not like your tendency to improvisation but you also admitted that you were a little bit presumptuous. In conclusion, You asked them "we want to try again?"
- Bill Bruford -
I haven’t read the Genesis biography, and I didn’t write anything in it but in general the thrust of your question is right. I was presumptuous, a bit disruptive, improvisational where possible. Basically, a little irritating. I’m surprised they accepted me so well and were so nice to me. I was keen to get on to making my own music. I had signed up for a whole year’s worth of touring with Genesis, and I was bored quite early on with too little to do.


- A&B -
Special thanks to Bill Bruford for this interview, the first in 6 years.
For more information on Bill Bruford, please visit his officiale website.

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This interview is © 2015 Gianluca Livi and may be reproduced in whole or in part with permission by the author.

All photographs are © Copyright Bill Bruford and Bill Bruford Productions Ltd.

 


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