Rrazörr vs Sdangher (l'eterna lotta tra la carta stampata e il digitale)

Nascosto tra le pieghe della rete, c'è un divertente botta senza risposta (almeno fino ad ora), che merita attenzione.
L'antefatto è rappresentato da una nuova pubblicazione cartacea, RRAZÖRR, dedicata alla musica dura contemporanea e underground, di cui è appena stato pubblicato il primo numero.

Ne è artefice il medesimo soggetto che decide i destini delle riviste nostalgiche Classix e Classix Metal, cioè Francesco “Fuzz” Pascoletti (qui il sito ufficiale della casa editrice dei tre periodici: sayyespublishing.bigcartel.com/products).
Orbene, appena data alle stampe la neonata rivista, spunta nel web un articolo intitolato "RRAZÖRR – Un progetto che rimarrà tale?", pubblicato sul blog SDANGHER da Francesco Ceccamea, un tempo collaboratore del Fuzz, poi ex, poi nuovamente collaboratore, oggi definitivamente ex.
Per farla breve, a distanza di tempo da una rottura passata, costui è stato prima coinvolto nell'iniziativa in qualità di redivivo redattore, poi escluso, non è dato sapere se per sua o altrui volontà.
Nel pezzo a sua firma, in sintesi, contenuti ed impostazione della rivista vengono impietosamente bocciati per vari motivi. 
Evito, per ovvie ragioni di spazio, di riportare stralci del saggio in questione che invece invito a leggere (link in calce) giacché, pur lungo, scorre veloce e nasconde interessanti punti di vista.


Le iniziali battute dell'articolo pubblicato su SDANGHER.

Prima di esporre il mio parere, tuttavia, doverosamente sono tenuto a premettere che non ho mai comprato Classix e Classix Metal e non comprerò RRAZÖRR.
I primi due li ho letti diverse volte e ogni volta li ho scartati, senza possibilità di appello: scritti pregevolmente e caratterizzati da contenuti generalmente validi, ahimè, contenevano (e contengono) notizie prevalentemente già note, almeno a me, ben consolidate nel mio background conoscitivo perché molto proiettate al passato, che è il mio campo d'azione più agevole, quando si parla di musica: a 51 anni suonati, con una collezione di migliaia di dischi e infiniti ascolti, letture, articoli a mia firma, approfondimenti alle spalle, conoscere l'opinione che i coetanei, pur preparati, divulgano con spocchiosa prosopopea sui Van Halen o sui Black Sabbath, puntualmente spalmati in copertina, beh, anche no, grazie.
Quanto alle info inedite, inusuali o rare, pure presenti in quelle pagine, le ho sempre trovate poco interessanti. In fondo, ma chissenefrega delle 20 band fighe provenienti dalla lontana Zamunda o dalla sperduta Latveria!
Parlando di RRAZÖRR, invece, essendo costruito riga per riga da chi realizza le altre due pubblicazioni, in termini (a mio avviso) non così avvincenti, non lo acquisterò, appellandomi ai punti fermi della nota proprietà transitiva.
Non avendolo mai letto, non posso comunque esprimere un giudizio di merito che infatti, il lettore potrà constatarlo in prima persona, non pronuncio mai.
Mi limito in primis a riscontrare che Francesco Ceccamea sa scrivere molto bene ed è palese che sia in possesso di una vasta cultura musicale e una consolidata esperienza multidisciplinare: redattore, ascoltatore, appassionato, autore di testi, magari collezionista e chissà cos'altro.
Mi è molto piaciuta la sua osservazione afferente all'incapacità di Pascoletti di guardare al presente, alla sua ostinata attitudine a voler ripescare il passato a tutti i costi, anche nel formato di ascolto, manifestando così un limite evidente. In tal senso, mi è parsa puntuale la citazione riguardante le attuali realtà digitali: “Nonostante [Pascoletti] voglia parlare del presente e del futuro”, dice Ceccamea, “continua a comportarsi come se esistessero solo i negozi di dischi, come se bandcamp, spotify e youtube non fossero la vera realtà fruitiva”.
Ho trovato inoltre assai interessante la sferzata sui collaboratori coinvolti: “...il parco firme è abbastanza anonimo”, asserisce egli. Classix e Classix Metal avevano nomi grossi (che se ne so’ annati) mentre questa rivista è all’ottanta per cento scritta da Lorenzo Becciani, gran soldato, instancabile e fedele, ma terribilmente monotono. Gli altri sono praticamente un corredo a lui, compreso il valente Marco Grosso, mio amico e ormai altro fresco dimissionario della vecchia redazione del Fuzz...”.
L'autore, tra l'altro, arriva suo malgrado anche a vestire di blasone lo stesso Fuzz, appellandolo giornalista: non lo è, stando almeno al motore di ricerca presente nel sito ufficiale dell'Ordine dei Giornalisti:
www.odg.it/albo-unico. Ma la cosa non meraviglia: nei suoi video promozionali, lo stesso Pascoletti si qualifica talvolta come giornalista con la medesima naturalezza ostentata da Pinocchio quando cerca di perculare la Fatina, almeno fino a quando non gli cresce il naso. 
Meglio "critico musicale" dai, come la maggior parte di quelli che scrivono per lui, pur preparati (non tutti, invero, ma molti).
Tutto bene, quindi, pratica archiviata.


Il numero zero di RRAZÖRR.

Non proprio, in realtà, giacché non tutto ciò che Ceccamea vomita contro la rivista coglie nel segno:
1) la critica a Salvatore Fallucca è del tutto immotivata, forse dettata dall'invidia che, evidentemente, prova chi è stato tagliato fuori dal progetto nei confronti di chi, invece, ne è stato coinvolto con tutti gli onori che si merita.
Questo il sasso lanciato:
"Un pezzo come 'Le nuove 20 band del doom' (secondo Salvatore Fallucca e non altri) esattamente cosa dovrebbe dirci su quello che sta davvero succedendo in quel contesto dell’underground? Dov’è l’analisi, dove l’approfondimento? Mi si snocciolano venti nomi e va bene, ma di quanti altri dovremmo parlare per capire davvero cosa stia succedendo nel doom di oggi?".
Ora, è il caso di precisare che la competenza di Fallucca sul doom è indiscussa. La sua conoscenza della materia è specifica: potrebbe magari non capire una fava di altri generi (cosa di cui, peraltro, non sono neanche tanto certo), ma sul doom, caspita!, proprio non gli si può dire nulla. In altre parole, è uno specialista di stampo maniacale, quasi morboso, comunque sempre esemplare (e ho detto tutto), e non parlo soltanto della compagine Nazionale. 
Colpirlo, criticarlo, sfidarlo sul suo campo è da ingenui, se non da sciocchi;



Il numero 1 di RRAZÖRR.

2) sui tempi dilatati afferenti alla pubblicazione e alla distribuzione della rivista, Ceccamea dice: “....non sembrava arrivare più. Doveva uscire a gennaio ma il Fuzz ha avuto diversi casini, tra cui una brutta e perigliosa parentesi con il Covid...”.
Non bello che una tematica così grave venga lambita incidentalmente, quasi fosse equiparata ad una banale influenza. Il malato, lo so per certo, è stato ricoverato, anche per lungo tempo, con tanto di intubazione, e ciò succedeva proprio mentre RRAZÖRR era in fase di realizzazione. Insomma, qui l'ex collaboratore pare voler sparare sulla croce rossa ed è quasi superfluo ricordare che bombardare un ospedale da campo opportunamente segnalato da croci ben visibili, impresse con il sangue sui tetti delle ambulanze, non è proprio un gesto da nobili combattenti. E quindi, io avrei evitato di pronunciarmi su questo specifico punto, proprio per una questione di tatto, sensibilità, opportunità, ritenendo ampiamente giustificato un ritardo di mesi per il motivo anzidetto;
3) è palese che a Francesco Ceccamea l'esclusione dal progetto bruci di brutto. Avrebbe voluto essere della partita ma non ci è riuscito e la sua amarezza traspare molto chiaramente. Averlo precisato in apertura del pezzo ("Sto rosicando? Sono invidioso? Sicuramente, la mia umanità mi gioca di questi scherzi..."), è uno stratagemma, neanche troppo efficace, finalizzato a mettere le mani avanti: “guardate”, sembra dire, “l'ho già ammesso io, in tempi non sospetti", parando così il colpo prima che venga sparato;
4) c'è un dato essenziale, dell'operazione RRAZÖRR, che egli trascura (volutamente): il progetto è oltremodo coraggioso e l'instancabile deus ex machina Pascoletti andrebbe elogiato per il solo fatto di averci provato (anzi, di provarci, visto che non possiamo dare per scontato l'insuccesso della rivista che, anzi, pare riscontrare un certo sostegno), per la sua tenacia nel voler a tutti i costi fare il "critico musicale" sulla carta stampata.
Trent'anni fa, una cosa del genere avrebbe rappresentato un bel business, e anche parecchio redditizio; oggi è espressione di un vezzo, di volitività, di carattere.
A me il Fuzz non piace moltissimo, lo ammetto, ma questa qualità gliela riconosco.
Chi è tenace nel percorrere la propria strada, anche a costo di:
a) uscire con una rivista cartacea fuori tempo massimo;
b) tenere a distanza chi sa scrivere bene pur di non compromettere il proprio credo;
c) puntare ad un target di lettori che evidentemente è diverso da quello raccolto negli anni da
Classix e Classix Metal,
(tutte cose, queste, che testimoniano il coraggio di lasciare il certo per l'incerto), beh, secondo me merita comunque un'attestazione di stima, completamente assente, invece, nell'articolo
de quo (lo potete leggere qui: www.sdangher.com/2021/03/26/rrazorr-2/).
Voglio dire, può anche non piacere, RRAZÖRR, ma perché ostinarsi a non dare atto del grande impegno che si cela dietro all'operazione tutta?
Come giornalista, quale sono (io sì), questo riconoscimento da minimo sindacale, io lo devo a chiunque lo meriti, simpatico o antipatico che sia.



 





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