Ogni atto di violenza, ogni gesto di distruzione cancella le linee sottili che separano il bene dal male, il giusto dallo sbagliato, facendo perdere ogni senso di moralità e compassione. Chi sono i vinti e chi i vincitori, in guerra? La risposta a questa domanda è, per molti versi, misteriosa. La guerra non conosce trionfi veri, né vittorie definitive, perché, in un certo senso, tutti ne escono perdenti. La sofferenza che essa porta è universale e profonda: nessun vincitore può sentirsi davvero tale, né alcun vinto può essere considerato veramente sconfitto. La guerra lascia un vuoto devastante che travolge chiunque ne faccia parte, senza distinzione di parte, nazionalità o fazione. Scipione l'Africano, pur avendo vinto la Terza Guerra Punica e distrutto Cartagine nel 146 a.C., si dice che si mise a piangere davanti alle rovine della città. Non per la sconfitta dei nemici, ma per il dolore di vedere annientata una civiltà che aveva tanto rispettato. Questo episodio, riportato da storici come Plutarco e Appiano, è spesso visto come un simbolo della crudeltà della guerra, una testimonianza della tristezza che può accompagnare anche le vittorie più schiaccianti, rivelando che anche nei più grandi condottieri c’è spazio per la compassione e il rimorso. Lo spettacolo teatrale “Linee Tra I Bordi” affronta questo tema universale della guerra da una prospettiva inedita, cercando di restituire l’umanità di chi la vive. Non si tratta soltanto di un campo di battaglia, ma di un territorio interiore, dove i soldati, attraverso lo sguardo, il cuore e le parole, trasmettono il peso delle loro azioni. Cosa si cela nei loro occhi? Cosa sopportano nel profondo del cuore mentre affrontano l’inferno della guerra? Sono domande che interrogano l’animo umano, cercando di rivelare ciò che la guerra lascia di indelebile nel corpo e nella psiche di chi ne è coinvolto. "ἄρα τε ἔπεται" ("ara te epetai"- "E così seguirà"). Questa frase riflette sul destino e sulle inevitabili conseguenze della guerra, mettendo in evidenza la scia di sofferenza che essa perpetua nel tempo. Potrebbe essere questo un altro titolo perfetto per lo spettacolo, poiché sintetizza l’idea che la guerra non ha mai una fine definitiva, ma continua a seguire il suo corso, portando con sé l’umanità spezzata di chi la vive. Questa riflessione teatrale è senza precedenti, poiché va oltre i consueti racconti di eroi e vittorie. "Linee tra i Bordi" ci invita a guardare la guerra sotto una luce nuova, meno gloriosa ma più autentica, alla ricerca di una verità nascosta nelle ombre della realtà crudele e spietata. Non si limita a raccontare battaglie, ma ci spinge a confrontarci con la parte più oscura e complessa dell’animo umano. Ci invita a riflettere su ciò che rimane dopo la violenza e la distruzione, a guardare oltre il fragore delle armi e a cercare una verità che spesso si nasconde tra le pieghe della sofferenza. Alla fine, nessuno può uscire indenne dalla guerra, nessuno è davvero vittorioso: la guerra non lascia eroi, ma uomini, donne e bambini segnati per sempre, e ci chiede, come spettatori, di non dimenticare mai le cicatrici che essa lascia nel cuore della nostra umanità. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 15 febbraio 2025. |
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