Scritto da Rosa Anna Taschini e Eleonora Karavia Sabato 02 Marzo 2024 08:12 Letto : 732 volte
Anche se quest'ultimo non era bello, è condivisibile la scelta registica di affidare il suo personaggio ad un attore affascinante, quale Reggiani è, come a sottolineare la valenza sottesa al contrasto tra bello e maledetto. Egli ha uno sguardo penetrante che incarna perfettamente, nelle sue allucinazioni, l'uomo stanco e delirante, rissoso, impertinente, a volte passionale e tuttavia libero da condizionamenti ed intromissioni quale Caravaggio innegabilmente era. Reggiani grida il bisogno di disegnare, anzi "fotografare" l'umana sofferenza, il buio e la luce, il bello esteriore, il brutto interiore. A Fabrizio Bordignon è affidato il difficile compito di calarsi nei panni di personaggi diversi, cosa che gli riesce con apparente disinvoltura e rinnovata maestria, peraltro mantenendo inalterata la sua credibilità interpretativa, catturando l'attenzione del pubblico in modo sorprendente. Francesca Valtorta, infine, interpreta la dignitosa e furba prostituta Lena, vera e propria musa del Caravaggio, riuscendo a contemperare la malizia della donna peccaminosa e la virginale attitudine che poi sarà trasposta su tela, vestendo i panni della Vergine Maria (il pittore l'aveva convinta a posare per lui, dicendole che tutti l'avrebbero esaltata, ammirandola in quelle vesti sacrali). L'attrice esprime perfettamente questo dualismo: sensuale ed enigmatica, commovente quando canta sussurrando gli stornelli romani, ribelle quando alza la voce e fugge dalle tentazioni. A fronte di queste interpretazioni impeccabili, destano perplessità alcune scelte registiche di carattere tecnico: tralasciando considerazioni sugli stornelli romaneschi - che, pur interpretati impeccabilmente, appaiono decontestualizzati (storicamente, sono infatti collocati grosso modo nell'800, cioè circa 200 anni dopo gli eventi narrati) - resta senza spiegazione l'utilizzo di una scenografia troppo essenziale, finanche scarna, ove stracci e lenzuola si trasformano nelle opere più famose dell'artista. E' una scelta coraggiosa, certo, ma la stessa non è sublimata, gestendo le luci, da un doveroso gioco di chiaro-scuro, come ci si aspetterebbe parlando del noto artista lombardo, che proprio sull'alternanza rivoluzionaria tra luci e ombre avrebbe costruito il suo successo. Quanto sopra è parzialmente attenuato da ciò che viene proiettato sullo sfondo del palcoscenico, che promuove effettivamente una innegabile ed autonoma efficacia estetica. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 1° marzo 2024. |
CARAVAGGIO IL MALEDETTO Teatro Ghione
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