Il complesso rapporto tra tecnologia e uomo filtrato secondo l'ottica irriverente di un comico che sa rinnovarsi con acuta intelligenza. Questo, in soldoni, il segreto su cui poggia il nuovo spettacolo teatrale di Dado, al secolo Gabriele Pellegrini, in bilico tra stand up comedy e cabaret, con rare incursioni addirittura nell'avanspettacolo, pur a matrice volutamente trash. La camicia leopardata che campeggia sulla locandina non tragga in inganno: c'è anche spazio per il noto e irriverente siparietto di stampo canoro, già proposto più volte con immutato successo a Zelig, ma questo show è anche altro: ci sono i ricordi di una infanzia che, a viverla oggi come fu vissuta negli anni '70, manderebbe in galera qualsiasi genitore; il politicamente corretto che ci fa stare in ansia; la capacità del professionista di bucare ripetutamente la quarta parete coinvolgendo il pubblico senza essere mai invasivo; sprazzi di varietà cialtronesca, offerti da un'improbabile velina sotto le cui vesti si nasconde un uomo corpulento e goffo; l'esperienza dell'uomo di spettacolo di contestualizzare adeguatamente una manciata di parolacce senza risultare inadeguato o imbarazzante; l'abilità di gestire con signorilità anche lo spettatore irrispettoso che lascia squillare il cellulare per tre volte di fila (e si sottolinea, tre volte). Tutto ciò dà vita ad una formula vincente che permette di far letteralmente volare le due ore piene su cui è strutturato l'intero spettacolo, durante le quali mai una volta è concesso alla curva dell'attenzione di flettersi verso il basso. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 15 gennaio 2023 (ore 17:00) |
Dado a tutto tondo |