Il ritorno sulle scene di Andrea Jonasson, l'asciutta riduzione del testo curata da Fausto Paravidino e la rigorosa regia del lituano Rimas Tuminas, fanno da corollario alla nuova produzione dell'opera di Ibsen Spettri, che il Teatro Quirino propone fino al 18 dicembre.
In questa versione Paravidino riduce all'osso il testo originale scritto dal grande drammaturgo norvegese nel 1881, comprimendo i tre atti dell'opera in uno spettacolo di novanta minuti. Inevitabilmente vengono quindi tagliate parti: resta il dialogo sull'assicurazione dell'orfanotrofio costruito in memoria del Capitano Alving, ma sparisce il finale nel quale la costruzione prende fuoco per colpa del pastore Manders. Ed in questa "riduzione" anche i personaggi ed il tema dominante, subiscono trasformazioni: scompaiono le molte allusioni all'ipocrisia della morale borghese del tempo presenti nel testo ibseniano, per lasciare il posto, come chiarisce il regista Tuminas, ad uno spettacolo che "è una storia di liberazione dai fantasmi che ci inseguono". Gli Spettri del titolo sono quindi le colpe del Capitano Alving che, con la sua vita dissoluta (tenuta rigorosamente nascosta) provoca tragiche conseguenze nella moglie Helene, condannandola ad una triste ed infelice esistenza ed al figlio Osvald che ne eredita la malattia psichiatrica. Nella storia sono poi presenti altri particolari personaggi: il reverendo Manders, la giovane Regine e suo padre Jacob. Tutte figure sofferenti, componenti di una complicata famiglia, ognuna alle prese con le proprie inquietudini che sfociano in un finale dove antiche verità vengono svelate generando ulteriori afflizioni. Interessante la lettura che Paravidino fa del testo originale evidenziandone la natura. La regia segue coerentemente questa rivisitazione con una impostazione scarna e rigida, mai eccessiva. Anche la scena racconta questa immobilità, oscura, arricchita solo con qualche colonna e un minimo arredamento ottocentesco, con un grande specchio ondeggiante sullo sfondo dove Osvald e Regine si riflettono durante uno dei pochi momenti "leggeri" dell'opera: un duetto danzante. Il regista sceglie di sottolineare tutta la rappresentazione con un sottofondo musicale e rumori di tuoni temporaleschi, con chiaro riferimento ai fantasmi evocati dai personaggi. Protagonista indiscussa è Andrea Jonasson (Helene) che con pochi gesti riesce a comunicare moltissimo, regalando al pubblico la sua grande esperienza e l'asciuttezza del teatro nordico. Convincente Osvald (Gialuca Merolli) nella sua moderatezza, nonostante interpreti un giovane affetto da follia, sicuramente accattivante l'interpretazione del pastore Manders (Fabio Sartor) saltellante e ammiccante nelle movenze. Pièce non semplice, secca e minimalista, ma densa di significati. Forse un po' lenta, ma molto apprezzata dal pubblico con convinti applausi. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 13 dicembre 2022. |
Spettri Teatro Quirino - Vittorio Gassman |