Come trattare un argomento delicato in maniera del tutto disimpegnata. E' questa la formula sottesa alla rappresentazione "Figlie di Eva", risalente al 2019, oggi riproposta con leggere varianti che permettono di offrire un'opera ancor più attuale e avvincente.
Il tema sensibile è rappresentato dalla discriminazione femminile, il modus operandi con cui lo si affronta è leggero, spensierato, spiritoso. Quanto sopra concretizza una combinazione interessante ove il dramma è presente ma in forma latente, disimpegnato con approccio totalmente ilare. La morale attiene a più settori: la pièce supera l'intento di rafforzare il principio di uguaglianza tra i sessi, sublimandolo tout court previa affermazione convinta del diritto di rivalsa. Più che alludere al piacere della vendetta, tuttavia, la sceneggiatura vuole richiamare il principio di reciprocità, chiaramente inteso in termini di giustizia commutativa. Tutto ciò avviene grazie all'alternarsi sul palco di tre caratteri e personalità completamente diversi: la timidezza disincantata di Antonia (Vittoria Belvedere), il fascino ingenuo di Vicky (Maria Grazia Cucinotta), la cinica praticità di Elvira (Michela Andreozzi). Sullo sfondo, l'uomo usato dalle tre donne per affermare la loro emancipazione (Massimiliano Vado), al quale però - altro messaggio positivo - viene sul finire concessa l'opportunità di fuoriuscire dal suo stato di stordito ebetismo, imponendo una propria personalità, pur in termini non invasivi talché le donne mantengono intatto il loro desiderio di indipendenza e riscatto. Stupisce, della Belvedere, la disinvolta capacità di manifestare una vera e propria personalità bipolare, che le permette di porsi in maniera letteralmente bicefala, passando da un carattere all'altro subitaneamente e senza soluzione di continuità. La Cucinotta è capace di giocare con se stessa, creando un contrasto affascinante tra la sua bellezza glaciale e la candida attitudine manifestata dal personaggio da lei interpretato. Infine, Michela Andreozzi assurge, a modesto parere di chi scrive, al ruolo di capo-comica: non è facile dividere il palco con le due colleghe appena citate, che alla bravura attoriale uniscono anche innate doti seduttive, ma l'attrice romana è talmente eclettica, determinata, a tratti dirompente, da essere in grado di magnetizzare letteralmente il pubblico con taglienti battute, assurde posture, vulcaniche esternazioni ed efficaci imitazioni (una Ornella Vanoni a dir poco perfetta, pur non espressamente citata, ricorre con una certa periodicità), che le permettono di ottenere un controllo pressoché totale del palco. Se ci sono concessi alcuni umili consigli, la locandina è troppo seriosa e ciò la rende poco rappresentativa, considerando la vocazione goliardica sopra opportunamente descritta; il ghiaccio secco all'inizio di ogni atto è totalmente da evitare, giacché invasivo per il pubblico e quindi foriero di distrazione; infine, sempre perseguendo finalità costruttive, si suggerisce di rivedere non già il finale - che, nella sua globalità mantiene intatta la sua efficacia - quanto la battuta conclusiva, l'unica dell'intera opera macchiata di una certa prevedibile ovvietà. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 12 novembre 2022. |
Figlie di Eva
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