La grandezza della storia d'amore di Romeo e Giulietta di Shakespeare sta nel fatto di aver creato una vicenda che si adatta ad ogni tempo e luogo.
In Jerusalem Romeo Juliet siamo nell'anno 4000 d.C. in una Gerusalemme ormai trasformata dalle tante guerre che ha subito, eppure l'ardore e la genuinità dei due giovani amanti sono i medesimi raccontati dal Bardo. Stavolta l'amore non nasce tra due giovani di famiglie avverse, ma coinvolge due ragazzi di religioni differenti che sono immersi, loro malgrado, in un odio atavico e in guerre dichiarate in nome di un Dio che predica amore. Intorno ai due protagonisti si muovono figure diverse, anche queste, in parte riprese dal dramma shakespiriano: Cassandra (Ramona Genna) che ha il ruolo che aveva Frate Lorenzo, Mercuzio (Fabio Omodei) capitano dell'esercito dei "Figli dell'ovest"; Francois (Lucrezia Coletti) che sostituisce Baldassarre, Tebaldo diventa Taahira (Marta Iacopini) e ancora Benvolio (Leonardo Maltese) trasformato in un simpaticissimo personaggio giullaresco, la balia che diventa Petra (Francesca Rovaris), Paride è Bashir (Damiano Lepri) e altri ancora. La storia è conosciuta: un amore contrastato che termina con la morte, ma in questa rappresentazione quello che colpisce e coinvolge lo spettatore è il fortissimo simbolismo. Come non restare ammirati davanti alle scene di Elisabetta Mancini: solo una parete in fondo al palco a rappresentare il "muro del pianto" che non è costruito con mattoni, ma appare come una grande rete dove sono appesi tantissimo abiti, quelli dei troppi morti nelle battaglie combattute in nome della religione; il personaggio di Francois, la donna guerriera che deve però vestirsi da uomo perchè anche nel 4000 d.C. nel civilissimo "ovest" le donne hanno un ruolo femminile da cui non possono affrancarsi (in contrasto con le donne guerriere della fazione orientale); i costumi (di Monica Raponi) che coniugano i dettami della religione e il credo religioso con una ventata di futurismo che assolutamente non stona, anzi crea maggiormente l'atmosfera di un mondo che verrà. E ancora la figura di Cassandra (nome scelto a caso?) anche lei una donna tacciata di stregoneria, ma alla quale ci si rivolge al bisogno, figura al di sopra delle parti che racconta amare verità. Spettacolo interessante che fa ridere (alcune scene sono veramente esilarati perchè portate al grottesco come la danza orientale che ha strappato al pubblico fortissimi applausi) e piangere. Coinvolge senza disturbare la fede di ognuno perchè quello che viene messo in luce è il rispetto che si dovrebbe avere per il "diverso" senza vederlo necessariamente come un nemico. Bravi gli attori. recitano, ballano, fanno acrobazie. In particolare Mercuzio e Benvolio riescono a dare una caratterizzazione veramente particolare ai loro personaggi. Mi piace citare anche il ruolo di Dolores (seppure modesto) che riesce ad imporre una ventata di leggerezza col suo accento spagnolo. Bellissime le citazioni tratte dal testo originale di Shakespeare: frasi immortali che hanno fatto la storia del teatro classico. Per obiettività bisogna però evidenziare che forse l'opera è un po' troppo lunga, oltre due ore senza pausa. Viene richiesto allo spettatore un grande sforzo di attenzione anche perchè l'eloquio degli attori è molto veloce (a volte, per questioni di acustica, anche poco comprensibile) ed il rischio è quello di perdere alcuni passaggi. Ciò che sicuramente è da lodare è il messaggio di pace che lo spettacolo sottende e che lo rende adatto al pubblico di ogni età. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 3 giungo 2022. |
JERUSALEM ROMEO JULIET |