Scritto da Gianluca Livi Venerdì 17 Maggio 2024 06:22 Letto : 519 volte
Quando pare a tutti che l'atletico cantante sia arrivato al capolinea, ecco il colpo da maestro, il genio puro, l'album più duro della sua produzione, capace addirittura di competere con i Van Halen storici (e di umiliare quelli contemporanei, in uscita nello stesso anno con un fiasco come "III", con Gary Cherone alla voce). Registrato e mixato in dieci giorni (era successo soltanto nel 1979, con il secondo album della band di Pasadena), il disco viene prodotto da Bob Marlette (che vantava collaborazioni con Andy Fraser dei Free, Rick Springfield, Tracy Chapman e Wilson Phillips), e vede la presenza di un organico che, a dispetto del titolo, non incarna affatto alcuna band coesa ma riunisce semplicemente un nugolo di turnisti talentuosi: tre chitarristi (John Lowery - che poi avrebbe lavorato con Marilyn Manson, Rob Zombie e Mötley Crüe - Mike Hartman e Terry Kilgore) e due bassisti (Tom Lilly e lo stesso John Lowery, pur sotto lo pseudonimo di B'urbon Bob) ai quali si aggiunge lo sconosciuto batterista Ray Luzier, più tardi nei Korn. Il risultato è un album che letteralmente spacca: si va dai frenetici ed iperbolici shuffle a la Van Halen ("Slam Dunk!", "Counter-Blast", "Relentless"), al groove più blues di "Lose The Dress (Keep The Shoes)", passando per il rock meno dirompente ma ugualmente avvicente di "Wa Wa Zat!!", "Weekend With The Babysitter" e "Lose The Dress (Keep The Shoes)". E anche l'unico episodio non tirato dell'album, il conclusivo "Black Sand", è straordinario: introdotto da un arpeggio che pare richiamare atmosfere quasi celtiche, si sviluppa in maniera ipnotica, salutando delicatamente l'ascoltatore dopo averlo frastornato ripetutamente con quasi 50 minuti di musica ad alto tasso adrenalinico. L'assenza di laccate lucentezze, frivoli svolazzi e produzioni appariscenti, esenta questo album da qualsiasi punto debole. Purtroppo, si tratta anche dell'opera meno conosciuta del biondo, venendo pubblicata privatamente (chi scrive la comprò all'epoca per corrispondenza, stante la mancata distribuzione nei negozi di dischi): la copertina (grazie alla quale viene etichettato quale "album di Bettie Page") non riporta alcuna indicazione riguardo alla presenza di David Lee Roth in organico, con la conseguenza che molti negozianti lo collocano semplicemente sotto la "D" di "DLR Band", invece di inserirlo assieme ai precedenti dischi o nella family dei Van Halen. La poca promozione e distribuzione dell'opera, la riluttanza di Roth ad intraprendere subito un tour di supporto (il cantante avvia l'attività dal vivo soltanto a 1999 inoltrato, proponendo una scaletta castrata quasi del tutto dai validi pezzi di questo album) e l'assenza in organico sia di John Lowery, sia di Mike Hartman (al loro posto viene scelto tale Bart Walsh, chitarrista di The Atomic Punks, tribute-band dei Van Halen), contribuiscono all'insuccesso del titolo che, nella prima settimana, vende 8.000 copie mentre arriva a totalizzarne 65.000 entro l'anno: sono cifre miserabili, per uno come David Lee Roth, il quale, se da un punto di vista artistico rinasce letteralmente, acquisendo nuova credibilità, in termini finanziari tocca letteralmente il fondo. Agli appassionati dell'artista, si segnala l'articolo intitolato "Crazy For Dave", sempre a firma di chi scrive, in cui viene analizzata nel dettaglio l'intera discografia da solista del cantante americano. |
Slam Dunk! Blacklight Counter-Blast Lose the Dress (Keep the Shoes) Little Texas King of the Hill Going Places... Wa Wa Zat!! Relentless Indeedido Right Tool for the Job Tight Weekend With the Babysitter Black Sand |