Scritto da Gianluca Livi Sabato 06 Maggio 2023 09:42 Letto : 822 volte
Han van Meegeren si esercitò a lungo ricopiando fedelmente gli originali di Vermeer, impadronendosi così delle sue tecniche. Per realizzare i suoi falsi, si procurò vecchie tele del '600, prive di valore artistico, dalle quali asportava il colore, raschiando le pitture. Inoltre, utilizzava pennelli antichi ed inseriva polvere nel falso appena terminato, provocando così le craquelure, reticolo di piccole crepe tipico delle tele a olio invecchiate. Egli, tuttavia, non realizzò mai opere esistenti di Vermeer, ma spacciò per sue, nuove opere, realizzate con una tale incredibile efficacia, da riuscire ad abbindolare tutti i critici, convinti così di trovarsi al cospetto di nuovi capolavori di origine seicentesca. L'opera teatrale "La Cena di Vermeer" parla di tutto ciò, con approccio in bilico tra giornalismo di inchiesta e comunicazione didascalica, previa replicazione di due distinti ambienti: la cella ove l'artista fu tenuto prigioniero, con l'accusa di collaborazionismo con i nazisti (vendette una sua opera a Hermann Göring, spacciandola per un Vermeer); l'aula di tribunale ove lo stesso fu processato, con l'esito finale della sua estraneità alle accuse in precedenza mossegli. Non soltanto un'occasione per conoscere la storia straordinaria di quest'uomo, ma anche la possibilità di apprezzare la compassata compostezza di Felice Dalla Corte (qui anche regista), nei panni di un medico militare ebreo, il comportamento apprensivo ma determinato di Mario Scaletta, che interpreta lo stesso Han van Meegeren, l'alterigia e l'austerità di Paolo Gasparini, la pubblica accusa, e i fondamentali ruoli femminili di moglie fedele e attenta giornalista interpretati rispettivamente da Tiziana Sensei e Caterina Gramaglia. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 6 maggio 2023 |
LA CENA DI VERMEER |