Scritto da Fabio "Stanley" Cusano Sabato 02 Agosto 2008 19:31 Letto : 4485 volte
Foto gentilmente concesse da Miss Balzary I cancelli dell’Arena Civica si aprono che sono le 6 di pomeriggio, per uno degli eventi musicali più attesi dell’anno. Il cielo, appena gli spazi si vanno a riempire è minaccioso: qualche lampo e tuono grida la sua voglia di diluviare, ma fortunatamente qualcuno lassù ha voluto evitare che i presenti inzuppassero le loro teste ed i loro indumenti sin dal tardo pomeriggio. Alla fine la farà da padrone solo un grigiore cupo che andrà dissolvendosi col calar del sole. Il ritorno della band di Athens in Italia, forte del successo di pubblico e critica per il nuovo album Accelerate, ha richiamato moltissima gente da tutta Italia anche a Milano, nonostante fosse l’ultima di cinque date del nostro paese, rendendo ancor più magica l’atmosfera che si verrà a creare col passare del tempo. Ma andiamo per ordine: verso le 19.30 fa il suo ingresso L’Aura: la cantautrice bresciana, ancora inebriata dall’approvazione sanremese dello scorso febbraio apre la serata con 20 minuti abbondanti di spettacolo, dove sciorina i suoi (pochi al momento) successi uno dietro l’altro. Da "Radio Star", il suo singolo di debutto fino a "Life On Mars" di David Bowie a chiudere tutto è perfetto, sin troppo. La sua voce è ottima, anche se spesso pare essere troppo debitrice a Tori Amos ed Elisa, per accostarla anche ad un fenomeno di casa nostra, ma il tutto risulta un po’ forzato, compresa la band in supporto. Alla fine è solo del discreto pop\rock eseguito da un personaggio di talento, ma la sensazione è quella del troppo plastificato e senza anima. Vanno senza ombra di dubbio meglio gli Editors, open act di eccezione che sale sul palco alle 20 spaccate, risultando così gli unici puntuali da programma. In 45 minuti (al momento la loro dimensione perfetta per un concerto) eseguono uno dietro l’altro tutti i successi: dall’esordio Black Room al più recente An End As A Start è una parata di hit single. "Munich" è bella almeno quanto la sua versione in studio qui a Milano, mentre non sono da meno "Bullets" e "Bones", eseguita in apertura e col suo riff di chitarra "preso in prestito" da "I Will Follow" degli U2. Tom Smith, il cantante del gruppo di Birmingham è di sicuro carisma e fascino, con i suoi occhi spesso chiusi mentre contorce la testa sul microfono, mentre il resto della band spesso pare fungere da semplice comprimario, perdendo nel complesso un po’ di energia. Ma poco male, bastano i rintocchi di pianoforte di "Smoker The Outside Hospital Door" a mettere tutti d’accordo. Essenziali ma funzionali, confermano anche in sede live la qualità delle loro produzioni. Da loro in futuro ci si deve attendere solo un po’ più di personalità nel songwriting. Quando gli Editors lasciano il palco quindi, anche il già citato sole (comprensivo di nuvole) lasciano il posto al blu della notte, con solo i led dei cellulari ad illuminare la platea. Micheal Stipe e soci entrano sul palco che sono da poco passate le 21.40, partendo subito alla grande: è il momento di "Living Well Is The Best Revenge". Le prime note di chitarra di Peter Buck sono oscurate dal boato del pubblico, che di lì a pochi secondi decide di scatenarsi danzando sotto lo scioglilingua vocale imbastito dal magnetico frontman della band, on stage con completo nero ed occhiale da sole sopra la fronte, a coprire parzialmente la pelata. Siccome i R.E.M. si sono accorti di essersi un po’ persi per strada negli ultimi anni, incidendo dischi con poco mordente, decidono di fare un’autocritica in musica smitragliando una dietro l’altro i migliori up-tempo del proprio repertorio: in successione arrivano "Animal", l’inaspettata "The Wake Up Bomb", ripresa dallo splendido New Adventures In Hi-Fi e la più corrosiva ed arrugginita (ma solo nel mood) "What’s The Frequency, Kenneth?". Il pubblico pare essere già steso dalla forte carica elettrica emessa dagli amplificatori; il gruppo invece, mestierante di annata, se ne accorge ed alleggerisce la presa con l’immensa "Drive", che emoziona almeno quanto su album, col suo pattern irresistibile e pressoché perfetto. Finisse qui il concerto, in molti sarebbero già contenti. Dopo un pezzo di routine come il nuovo singolo "Man Sized- Wreath" (a dire il vero abbastanza anomalo nel contesto) e la sempre affascinante "Ignoreland" arriva la prima classica ballata pop: "Leaving New York", primo brano inciso dalla band dopo la strage dell’11 settembre e dedicata alle vittime delle Torri Gemelle. Stipe è visibilmente contento e ringrazia i presenti, parte con un ruffianissimo "I Love Milano" ed attacca "So Fast Su Numb". Il primo vero sussulto però, dovuto ad un nuovo arrangiamento, arriva con "Walk Unafraid", che non fa rimpiangere il tappeto sintetico della versione presente su Up, andando a risultare col senno di poi, come uno degli apici dell’intero concerto. Ma non è finita qui, con "The Great Beyond" si toccano ancore le corde del cuore, col ritornello (uno dei migliori partoriti da loro partoriti negli ultimi 15 anni) cantato ad unisono e "The One I Love", uno dei pochi pezzi pescati dal periodo anni ’80 ( e per molti il migliore) dell’intera tracklist. Al rientro per i bis arriva subito la bella notizia (che poi diventerà meravigliosa): "Stasera siccome siete bellissimi vi suoniamo altri due o tre pezzi." Alla fine Michael ci ha mentito: il bis comprenderà ben 6 pezzi; mai cosi generosi nella leg italiana. Si parte col rock up-tempo di "Supernatural Supersirious", il mega classico "Losing My Religion" che ha consacrato la band statunitense a stars di livello mondiale nel 1991, è l’inattesa "Country Feedback", con Mills che mentre canta regala sorrisi a 32 denti verso il pubblico. Tutti si aspettavano "Rockville", ci ha fregato. I Rintocchi del piano anticipano la contagiosa e antemica "Hollow Man", che precede un’altra chicca del passato remoto: "Driver 8". Si chiude, questa volta definitivamente, con un altro evergreen del repertorio remmiano: "Man On The Moon". Stipe incita il pubblico a muovere la mani verso il basso, e chi lo segue non si fa pregare, l’aria è impregnata dalle magiche note dell’arpeggio di Buck e quando esplode il ritornello, anche le transenne lo cantano. È fatta, i R.E.M. ci hanno tirato un colpo di coda meraviglioso, confezionando una prestazione con pochissime sbavature (durata totale, 2 ore nette) e con moltissimi picchi emozionali. Tutti, dagli spalti sino alle più lontane delle tribune esce dall’ Arena con quel senso di grande soddisfazione di chi sapeva che i propri beniamini erano attesi ad un varco: dopo un disco che aveva messo le cose in chiaro, anche dal vivo sono tornati terremotati e terremotanti come in passato. Andiamo tutti a letto pregni del sudore delle nostre magliette in cerca di acqua e bevande varie, pronti da domani ad ascoltare tutte quelle band che dai R.E.M. hanno attinto e che le stupide leggi del mercato moderno hanno fatto si che scavalcassero Mike, Peter e Michael (il siparietto finale ha visto il secondo uscire dal palco in groppa al primo e mo di western sul proprio cavallo) come gradimento, ma forse dopo questa serata qualcosa cambierà. Che piaccia o meno, siamo di fronte ad uno delle dieci migliori rock band in circolazione. Ce l’hanno dimostrato.
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Michael Stipe: Voce Guests: Data: 26/07/2008 Setlist:
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