Scritto da Gianluca Livi Venerdì 24 Aprile 2015 13:21 Letto : 2123 volte
Piazzato in copertina il minimalismo estetico dell‘artista albanese Moisi Guga, gli Stearica appaiono primigeni, oscuri, remoti, palesando suggestioni ipnotiche, distorsioni lisergiche, insolite diversioni rumorose. Piuttosto che a “L’urlo” apocalittico di Edvard Munch, come viene ostinatamente ribadito nei comunicati stampa, la loro musica evoca ipnosi aberranti dalla roboante grezza potenza. Come è d’obbligo in questi casi, è impossibile richiamare somiglianze: “Delta”, “Halite”, “Nur”, “Siqlum” suonano stoner, ma stoner non sono, per via di ritmiche macchinose e laboriose e deliri ossessivi che talvolta sembrano omaggiare i Mars Volta, altre volte il catacombale incedere dei Sabbath più plumbei; “Bes” e “Geber” uniscono basse distorte pulsioni agli echi deliranti delle metropoli impazzite ospitando occasionali sortite riformiste di stampo psych; “Tigris” suona come se un gruppo acid jazz avesse abbandonato l’iniziale causa per abbracciare sì l'acid, ma di stampo rockettaro; “Amreeka” evoca talvolta la liquidità acida degli Zeppelin di “No Quarter” mentre gli 11 minuti di “Shāh Māt” rappresentano la summa del pensiero del trio: muovendo dall’iniziale ossessiva martellante progressione, giunge agli sperimentalismi criptici di metà e si conclude con effetti, feedback chitarristici, atmosfere intimistiche che paiono omaggiare il Brian Eno più elucubrativo. Tanto inusuali, quanto accattivanti. Voto: 86/100 |
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