Scritto da Fabio "Stanley" Cusano Domenica 22 Luglio 2007 22:43 Letto : 3782 volte
La miscela di heavy, sterzate prog garantite dall’uso massiccio di pianoforte e classicismi barocchi stanno alla base dei cinquanta minuti di questo album, dove la voce di Dino Brentoli si fa potente nei pezzi più tirati e dolce ed evocativa nelle ballate. “Icon” presenta un riffi duro e perpetuo per tutto il pezzo con accelerazioni dettate dal drumming potente e pulito di Mauro De Brasi. La cavalcata “Belied” invece, dimostra la grande classe compositiva della band, con una scelta dei suoni sempre giusti e raffinati, dove il chorus è sostenuto dal pianoforte che tesse un tappeto melodico accattivante e per niente scontato. Altro strumento che trova ampio spazio nelle trame della band è il violino di Jari Pilati che dona un filo di tensione continuo ed un pathos non indifferente al tutto, come già fa intuire l’opener “Heaven’s Pillars”. La produzione di Luigi Stefanini presso il New Sin Studios (che ha ospitato negli ultimi anni Labyrinth e Vision Divine tra gli altri) riallaccia il discorso iniziale, dimostrando che i prodotti nostrani non sono più di livello secondario allo strapotere estero dei passati anni anche quando il “pacco va confezionato”; magari a tratti può sembrare tutto eccessivamente pulito e patinato, ma ascoltando bene pezzi come “The Chasm” ci si accorge come soprattutto nelle parti di chitarra questa sensazione di “pulizia” non sia così imponente. Tra le cose più interessanti a livello di songwriting, va segnalata la bellissima “The Silent Empire”, con un ritornello bellissimo dove alla voce di Brentoli si affianca quella di Francesca Baldini, per un duetto ben riuscito e raffinato che proietta l’ascoltatore verso altre dimensioni. Funzionano bene anche le successive “My Subj ective Shell” e “Floating”, con la prima che vede su gli scudi il violino mentre la seconda attraversa territori progressive. Si può tranquillamente concludere dicendo che questi Soul Takers hanno stoffa da vendere ed una classe cristallina. Convincente, l’album risente di pochissimi cali di tensione. La strada intrapresa è quella giusta, con composizioni mature e melodie sognanti piene di drammaticità, pregne di una sana malinconia adatte ai cuori infranti. Questo senza dimenticare l’immediatezza compositiva che serve ad un prodotto del genere per essere apprezzato sin dai primi ascolti. Menzione a parte per l’artwork curato da Luigi Machado, tra i più belli di questo anno. Inserire il voto in centesimi, ad es: 70/100
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Dino Brentoli: voce Anno: 2007 |