Scritto da Gianluca Livi Domenica 27 Aprile 2025 05:22 Letto : 344 volte
Uscito originariamente nel 2015 e oggi ristampato sia in cd sia in vinile, il disco che qui ci occupa è il primo da solista (in realtà, segue di un paio di anni "Wisdom Of Crowds", realizzato in coppia con Jonas Renkse, cantante e polistrumentista svedese conosciuto per la sua militanza in seno ai Katatonia), interamente suonato da egli stesso con il contributo minimo del chitarrista Darren Charles (Godsticks). L'odierna ristampa, la cui pubblicazione è prevista per il prossimo 30 maggio, celebra i 10 anni dalla pubblicazione dell'eponimo album; per l'occasione, l'opera è stata rimasterizzato a velocità dimezzata agli studi Abbey Road e stampata su vinile pearl blue. Registrato nell'estate del 2015, il disco offre l'opportunità all'artista di esplorare il suo lato più intimistico e riflessivo. «In contrasto con i paesaggi sonori espansivi e cinematografici della sua band», recita il comunicato stampa che accompagna l'uscita discografica, «Bruce Soord ha rivelato un lato più introspettivo e organico della sua scrittura». La casa discografica afferma il vero: "Black Smoke" e "Leaves Leave Me", ad esempio, paiono partoriti dalla mente del Peter Gabriel più meditativo mentre uno Steven Wilson intimista, a sua volta devoto ai Pink Floyd più liquidi ed eterei, aleggia nei magnetici brani "Buried Here", "Familiar Patterns", "A Thousand Daggers" e "Field Day" (a propostito dell'ultimo brano, diviso in due movimenti, l'artista ha dichiarato che «c'è una canzone in questo disco che probabilmente dice tutto quello che ho sempre voluto dire. "Field Day Part 2" avrà per sempre un posto speciale nel mio cuore»). È inoltre presente un gradito trittico che esprime percorsi trasversali: il proto-funky di "The Odds", la delicatezza in forma di ballata suadente di "Born in Delusion", lo strano ma interessante connubio tra folk di matrice britannica e alcuni, vaghi deliri claustrofobici di "Willow Tree". «Il 2015 sembra ieri», ha dichiarato l'artista ai media, «anche se è uno ieri molto diverso. I miei gemelli avevano 7 anni. Mia figlia, che ora ne ha 6, deve ancora compierli. Avevo appena fatto il grande passo per diventare un musicista professionista. E come molti "professionisti" nell'industria musicale, ero al verde. Ascoltare questo disco mi riporta indietro, ai "soliti schemi" della vita quotidiana, alle "probabilità" di ottenere un vero successo dalla mia musica, mentre languevo nel mio studio nella mia città natale, Yeovil. Sepolto qui». Minimalismi espressivi, ipnotismi onirici e soluzioni non convenzionali, non di rado a vocazione rarefatta, spesso costruite su melodie di incontaminata autenticità: sono queste le coordinate di questo disco che, in linea generale, si attaglia perfettamente a coloro che apprezzano lo Steven Wilson più assennato e riservato, in antitesi rispetto ad alcuni dei suoi percorsi più macchinosi, finanche labirintici (al riguardo, non va dimenticato che la fucina da cui proviene Bruce Soord è la label Kscope, la stessa dei Porcupine Tree e del loro leader da solista, così come dei Pineapple Thief). Per palati fini. |
Bruce Soord / performer Tracklist |