Scritto da Pietro Terzi Domenica 04 Novembre 2007 09:36 Letto : 5520 volte
Un’emancipazione iniziata nel 2003, con la pubblicazione del suo timido esordio solista “Paper Monster”, e proseguita in Playing the Angel, l’ultimo disco della band inglese, il primo a contenere brani scritti da Gahan. Una parabola artistica segnata dunque da una speculazione ossessiva incentrata sul tempo, suo salvatore e suo mentore astratto. Il tempo immaginato da Gahan è un paesaggio buio e infinito, dove la distanza tra inizio e fine appare piccola e infinitesimale, come il granello di una clessidra. “Down on the ground, there’s no one around, and the snow is falling”, canta in Down, ed è come tornare a quel 28 maggio del 1996, quando fu risputato tra i vivi, dopo tre minuti di morte clinica. Non mancano gli episodi di violenza elettronica (Use you), dove riemerge il lato mascolino e dannato della rockstar dei tempi che furono, ma sono eccezioni che confermano la regola. Certo, il sound è lo stesso degli ultimi Depeche Mode, ma è il sangue con cui è marchiato a dimostrare la paternità di “Hourglass”. La voce ultraterrena che spezza la vena claustrofobica degli arrangiamenti, il pulsare ritmico a volte invisibile a volte incalzante, l’apocalisse industriale di Deeper and deeper. Niente di nuovo, ma il tutto possiede un terribile, sinistro fascino. Bellissimo. 85/100
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David Gahan: Voce Anno: 2007 Sul web: |