Alessandro Benvenuti guida una compagnia affiatata in una versione del classico scespiriano, ammodernata nel linguaggio, tradizionale nei costumi e assente nella scenografia, affidandosi alle sole luci per la creazione dinamica degli spazi interpretativi.
Il risultato è godibile: le due ore abbondanti corrono via veloci, con pochi rallentamenti (voluti) specialmente nel finale. L'adattamento più moderno, dicevamo, frutto del lavoro di Ugo Chiti, che cura anche la regia, rende più scorrevole e fruibile il testo il quale rimane fedele alla struttura classica, ma riconoscibilmente infarcito di ben nota goliardia toscana, circostanza che rende difficile al mattatore Benvenuti tenere a bada il suo accento, che scivola inevitabilmente su qualche 'C' ma con risultati esilaranti. Il divertimento è poi assicurato dalle valide interpretazioni delle "allegre comari", mirabilmente delineate nella loro signorile e annoiata astuzia; dei servitori voltagabbana, poveri maneggioni votati al duro lavoro per spillare pochi spiccioli ai padroni; dei mariti Page e Ford, l'uno cinicamente lassista e l'altro pateticamente geloso delle sue proprietà, inclusa la moglie, tanto da travestirsi (da sig. Brook) per sondare i propositi di Falstaff; dall'arlecchinesco Semola, che si finge sempre più ingenuo di quel che è, attraendo la fiducia di chi gli capita a tiro; e soprattutto dalla "dama di confidenza" Mary, una irresistibile folletta dalla simpatia trascinante. Ma Falstaff non è solo il personaggio libertino destinato alla punizione terrena e divina, come sarà poi nel Don Giovanni di Tirso de Molina. Il suo irridente sarcasmo da nobiluccio corpulento e arrogante a volte assume i toni dimessi di un Rigoletto disilluso: egli è ed è sempre stato consapevole della bassezza degli esseri umani e i suoi comportamenti sono solo adattamenti all'umana necessità di sopravvivere al meglio in un mondo marcio. Queste le riflessioni, fatte dopo ogni burla subita dalle allegre Mogli, che rallentano periodicamente il ritmo della commedia e delineano quell'inevitabile, vizioso e un po' masochistico destino a cui egli stesso si condanna. Il suo unico contatto con la virtù, che non sia per sbeffeggiarla, rimane quella che inconsapevolmente vive di riflesso: nella presente affettuosa ingenuità di Semola e nel passato, accanto al futuro re Enrico V. E' proprio quest'ultimo che, nel finale, appare in una dimensione onirica a Falstaff per decretarne la definitiva esclusione dalle umane compassioni. Eppure la domanda rimane appesa: non siamo tutti umani nelle nostre debolezze?
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 23 gennaio 2024.
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Arca Azzurra presenta
FALSTAFF A WINDSOR
con ALESSANDRO BENVENUTI Giuliana Colzi Andrea Costagli Dimitri Frosali Massimo Salvianti Lucia Socci Paolo Cioni Paolo Ciotti Elisa Proietti
liberamente tratto da "Le allegre comari di Windsor" di William Shakespeare
scene Sergio Mariotti adattamento e regia UGO CHITI
TEATRO QUIRINO/VITTORIO GASSMAN Via Vergini, 7 ROMA tel: 06 6794585
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La biglietteria è aperta con orario continuato dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 18.00, la domenica dalle 12.00 alle 18.00.
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