Scritto da Gianluca Livi Martedì 11 Marzo 2025 06:00 Letto : 80 volte
E' vero che il doppio album separa con l'accetta due album sostanzialmente accomunati da medesima espressività sonora (il precedente "Selling England By The Pound" e il successivo "A Trick Of The Tail", pur considerando l'assenza di Gabriel nel secondo), ma lo fa con altissima capacità di rinnovamento, manifestando peraltro l'idoneità a porre le basi prodromiche per la nascita di movimenti successivi quasi in antitesi con il prog (quali la wave e addirittura il punk), senza tradire in alcun modo il substrato espressivo del gruppo. Con testi surreali (che narrano di un viaggio in bilico tra realtà ed immaginario, verso un'apparente redenzione interiore dai toni deliranti), il disco è privo dei barocchismi vittoriani di "Nursery Cryme", castrato delle fighe romantiche di "Trespass" e delle stratificazioni classicheggianti di "Foxtrot", lontanissimo dall'eleganza stilistica di "Selling England By The Pound"; qualificandosi quale incursione in un contesto dai tratti oscuri ove il rock assume talvolta connotazioni secche, dirette, pur mai semplici e prevedibili mentre più spesso volge la direzione verso toni elaborati ma decadenti ("In the Cage", "Fly on a Windshield", "Broadway Melody of 1974"), l'opera vede anche la presenza di affascinanti e dissonanti sperimentazioni ("The Waiting Room"), sprazzi ambient ("Silent Sorrow in Empty Boats" e "Ravine", anche grazie ai contributi di Brian Eno), frammenti psichedelici ("The Chamber of 32 Doors"); e se, da un lato, c'è ancora spazio per il romanticismo, pur dai toni pesantemente malinconici ("Cuckoo Cocoon", "Hairless Heart", "Anyway"), quando non struggenti ("The Lamia"), così come per il pop e la ballata di qualità ("Counting Out Time" e "Carpet Crawlers"), dall'altro, l'alveo grottesco viene raggiunto con "Here Comes the Supernatural Anaesthetist" e "Riding the Scree" (il secondo brano è forse quello che, più di ogni altro, pare interpetrare perfettamente la figura del mad hatter impressa sulla label dell'etichetta Charisma), mentre la summa della teatralità è prerogativa di "The Colony of Slippermen", con Gabriel chiamato a dare voce a personaggi improbabili o folli. Insomma, "The Lamb" è un vero caleidoscopio sonoro che, peraltro, ha anche il pregio, come pochi altri dischi, di marcare il confine tra le stratificazioni progressive del primo lustro dei seventies e il rock più immediato del secondo. Inoltre, e concludendo, può anche essere indicato quale viatico verso la musica nei confronti della quale lo stesso Gabriel sarà portato ad indirizzarsi, pur con un animo proteso alla definitiva demolizione dell'archetipo prog, vagamente accennato nel solo brano "Moribund The Burgermeister" (che, paradossalmente, apre il suo primo album solista, in una sorta di ponte tra l'ultimo album dei Genesis con lui alla voce, da cui il pezzo sembra effettivamente estrapolato, e il successivo percorso artistico). QUI la nostra recensione della recente Super Deluxe Edition in occasione del 50° anniversario. |
Peter Gabriel – voce, flauto Anno: 2025 |