Il regista Geppy Gleijeses mette in scena dal 12 al 17 aprile al Teatro Quirino
Processo a Gesù di Diego Fabbri, un testo datato (1955) che avrebbe dovuto avere il suo debutto a marzo 2020, poi annullato a causa del covid19. L'aspirazione del regista era quella di rappresentare l'opera in Vaticano per il suo contenuto spirituale. Questo non è stato possibile e quindi la storia di un gruppo di ebrei scampati alla shoah che da anni celebra il processo a Gesù prende vita in questi giorni in una location (il Teatro Quirino) sicuramente più laica. La domanda che soggiace al processo è semplice: Gesù era innocente o colpevole secondo la legge giudaica? Un quesito non di poco conto tenendo presente che il popolo ebraico, da oltre 2000 anni, viene accusato di deicidio (unico popolo al mondo imputato in tal senso). L'intento del processo è quindi quello di ricostruire i fatti per capire come si svolsero realmente gli accadimenti e definire se il popolo ebraico, in quella circostanza, mandò a morte un innocente. Solitamente il processo si conclude con la condanna, ma quando il consesso, sentite accusa e difesa, si riunisce per deliberare, succede qualcosa in sala: gli spettatori si ribellano al verdetto dando vita ad una serie di colpi di scena e ad un contraddittorio dove colpevolisti ed innocentisti si sfidano a colpi di "ragioni del cuore o della mente". La rappresentazione si conclude con la testimonianza dell'anziana signora delle pulizie che spiazzerà tutti: giudici, testimoni, spettatori del processo. L'interazione tra gli attori sul palco e quelli in sala ricorda i testi pirandelliani, anche se con una veemenza propria del nostro tempo. Opera sicuramente difficile, non adatta a tutti, con forti implicazioni morali e religiose che il pubblico non può ignorare. Testi complessi, mutuati dal Vangelo e proiettati nell'attualità politica e sociale. Forse un po' troppo pesanti due ore e mezza di spettacolo senza alcun intervallo. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 12 aprile 2022. |
Processo a Gesù
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