La foto del Carabiniere
Roma, Teatro Vittoria, 27 gennaio 2025

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Nell’80° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, 20° Giorno della Memoria, ricorrenza internazionale che commemora le vittime dell’Olocausto, Claudio Boccaccini, regista teatrale romano, classe ’53, con la sua unica opera che lo vede anche interprete, ci ha fatto ridere per quasi due ore, per poi, quasi di colpo,  strapazzarci l’anima fino alle lacrime, col suo ricordo unico, personale, familiare, di Salvo D’Acquisto, il Vice Brigadiere dei Carabinieri che non ancora 23enne, a Palidoro, sul litorale poco distante dalla Capitale, il 23 settembre 1943, affrontò da solo il suo di olocausto. L’episodio storico, a grandi linee, è noto ai più. Il giovane militare napoletano, temporaneamente al Comando della Stazione Carabinieri di Torre in Pietra, località agreste a una trentina di chilometri da Roma, si immolò “davanti al suo mare”, come recita l’iscrizione sul monumento che si staglia sul luogo del martirio, per salvare 22 uomini, rastrellati da quei tedeschi, da poco divenuti nemici in casa a seguito dell’Armistizio (e quindi incattiviti e spaventati), che volendo a forza imputare a qualcuno la morte di due propri paracadutisti e il ferimento di altri due, investiti il giorno prima, nella stessa località, da un’esplosione in realtà accidentale, avevano deciso di applicare (peraltro eccedendo!) la scellerata e tristemente nota disposizione del Feldmaresciallo Albert Kesselring che prevedeva la fucilazione di dieci italiani per ogni tedesco caduto. La storia dell’eroe Salvo D’Acquisto, che prese sulle sue giovani ma fortissime spalle le genti che aveva giurato di servire, addossandosi una colpa che non era sua così come non era di nessuno, come detto, è storia struggente, conosciuta, già raccontata in libri, documentari, film, ma la versione di Boccaccini non ha eguali perché egli riporta quella accorata di suo papà Tarquinio: uno dei 22 superstiti, vivi grazie a quel Carabiniere al quale lo legava pure un’amicizia. Ed ecco perché il papà del protagonista del soliloquio ne conservava una foto nella patente: per portare sempre con sé il ricordo di chi, prestando fede al proprio giuramento fino a perdere tutto e a perderlo molto presto, gli aveva salvato la vita permettendo poi che quella vita generasse altre vite … come quella di suo figlio Claudio. Questi apprende dell’esistenza di quella foto e quindi della tragedia di Salvo che suo papà porta nel cuore nel 1960, a 7 anni, per caso, ed ecco l’idea teatrale: raccontare l’estate spensierata di un bambino della periferia romana, del 1960, che di colpo, dopo qualche insistenza verso un padre che come tutti quelli dell’epoca parla assai poco coi propri figli piccoli, viene catapultato nell’estate tragica del 1943, in un’altra Italia, che vista 17 anni dopo sembra un altro pianeta. Dopo quell’estate del 1960 Claudio non sarà più lo stesso.
È questo che vuole fare Boccaccini e gli riesce molto bene: comunicare, che nella vita, nel mondo, da sempre, ciò che facciamo, tutti, a tutti i livelli, conta assai di più di ciò che diciamo di voler fare. Con pennellate di episodi tipici della realtà popolare dell’Italia del boom, fatti di puntate del Musichiere in una tv condivisa con tutti i vicini che ancora non se la potevano permettere, di gite al mare zeppe di scottature, fettine panate e ore di attesa per fare il bagno solo dopo la sospirata digestione, di cottarelle da cortile e di Olimpiadi onorate e impreziosite da eccellenze umane come Muhammad Alì, il regista romano ci fa ridere, spensierati, di una realtà e di una umanità spontanea, a tratti felice delle cose semplici, di una convivenza pacifica e possibile, fatta dagli stessi componenti di una società che meno di venti anni prima era riuscita a scannarsi e a concepire e quasi a realizzare lo sterminio di un popolo in nome della consacrazione dell’odio, dell’ingiustizia e della sopraffazione.
Il racconto finale è quindi straziante. Il ribaltamento del registro emotivo, nell’ultima parte dello spettacolo è totale. L’eloquio, anche forbito e vario, di Boccaccini si presta al dramma e lo scandisce, col sentimento potente, vero di un figlio per un padre sopravvissuto e con ogni probabilità convissuto con un rimorso incolmabile sebbene immotivato. Il protagonista ci dà la versione di papà Tarquinio del sacrificio di D’Acquisto, fino a pochi giorni prima composto, garbato, serio ma non serioso, giovanissimo eppure consapevole, integrato custode di quella piccola comunità rurale affidatagli, alle porte di Roma, anche gioiosa nella povertà e nella preoccupazione dell’occupazione nazista e in un attimo portato ad esaltare tutto ciò che egli aveva di buono e di bello(e aveva tanto!) in una scelta impossibile da prendere per quasi chiunque.
È questa la Foto del Carabiniere: è la nostra foto, è l’immagine di una società che dimentica in fretta il bene e altrettanto velocemente il male di cui è capace e che per questo non impara mai abbastanza dalla sua storia anche più recente. Una società che avrebbe bisogno disperatamente di portare nella propria patente le foto giuste: perché è inutile avere il titolo per guidare se non ti ricordi qual è la direzione giusta in cui devi andare.







La foto del Carabiniere
La storia di Salvo D’Acquisto e di mio padre

Scritto, diretto e interpretato da Claudio Boccaccini
musiche originali Maurizio Coccarelli
collaborazione artistica Silvia Brogi
collaborazione tecnica Maurizio Pepe
fotografie Matteo Montaperto e Marco Picistrelli
produzione Ass. cult. Pex
Compagnia: Società per Attori


Un viaggio dall’estate 1960, tra personaggi e situazioni tipiche della romanità di allora, all’estate 1943 a Torrimpietra, quando Salvo D’Acquisto donò la sua vita per salvare 22 uomini. Uno spettacolo che fa ridere e commuovere con la stessa intensità.
In occasione della Giornata della Memoria, torna al Teatro Vittoria lo spettacolo “La foto del carabiniere”. Nell’estate del 1960 Claudio Boccaccini, all’epoca bambino, scopre che il papà Tarquinio conservava gelosamente, e ai suoi occhi misteriosamente, la foto di un giovane in uniforme nella sua patente di guida. Il piccolo ne chiede al padre la ragione e, dopo molte insistenze, riesce a farsi raccontare la storia del giovane carabiniere, Salvo D’Acquisto, della loro amicizia e del suo eroico sacrificio che, nel 1943, salvò la vita di Tarquinio e di altri 21 uomini innocenti. La struttura narrativa ripercorre gli anni di un’Italia ingenua e spensierata, fruga tra i ricordi di una tipica famiglia romana, quella dell’autore. Al centro del racconto la Roma degli anni sessanta, la vita di quartiere, le gite al mare domenicali, i giochi nei cortili, i personaggi divertenti della romanità dell’epoca che rimandano agli anni d’oro che hanno reso indimenticabile la commedia all’ italiana del cinema di Germi, Zampa, Risi, Monicelli. La forza evocativa del testo è quella dirompente di una storia “vera” lasciata in eredità da un padre e trasformata dal figlio in uno spettacolo teatrale nel quale si ride e ci si commuove con la stessa intensità.
(Fonte: comunicato stampa).

Teatro Vittoria
Piazza S. Maria Liberatrice, 10
Roma
Botteghino: 06 5740170


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