Moby Dick alla prova
Milano, Teatro Elfo Puccini, dal 13 febbraio al 3 marzo 2024

Per la prima volta in Italia, Elio De Capitani porta in scena Moby Dick alla prova di Orson Welles: epica moderna, ultimo scontro tra titani in un’epoca di uomini sempre più piccoli, che vogliono ridurre la Natura stessa sotto il loro vorace dominio, ma sanno dominare solo attraverso la distruzione.

In un palcoscenico senza scenografia, ingombro di sedie e tavoli, un gruppo di attori è in attesa del capocomico per le prove del Re Lear. Quando questi arriva, però, annuncia di voler provare un nuovo testo tratto da Moby Dick. Tra le perplessità e le proteste, gli attori cominciano le prove, immedesimandosi sempre più nei personaggi. “Rimediate / coi vostri pensieri alle nostre imperfezioni”: così il pubblico, con i versi di Shakespeare, è chiamato ancora una volta a usare la scenografia più potente – l’immaginazione – e in una scena livida come il suono dell’oboe tre sedie rosse come tre macchie di sangue già preannunciano la tragedia. Tre alte scale metalliche sono gli alberi della Pequod, sei tavoli d’acciaio su rotelle sono scialuppe baleniere, una sedia da barbiere il trono di Lear, e di Ahab, e un grande velo liquido argento e nero fa prendere il largo, si gonfia maestoso ai venti dei Quaranta Ruggenti, traluce come acqua profonda in mezzo al branco di capodogli mostrandoci gli occhi dei piccoli che poppano, e infine inghiotte per sempre il capitano e il suo odio. Ambienti fatti di oscurità impalpabili, tra ombre diffuse, oblique, mai rivelatrici e gli spot come isole di luce, o isole mute di uomini e donne che ascoltano ancora una volta la storia di Giona nella cappella dei balenieri di Nantucket, prima della partenza. Una storia di orrore che finisce bene perché l’ebreo riconosce la potenza di Dio. Non così finirà per Ahab che “colpirebbe persino il sole, se osasse insultarlo”, e come il colonnello Kurtz in Apocalypse Now, porta il suo equipaggio a “farsi amico l’orrore”.A bordo della Pequod si assiste alla trasformazione dei marinai e degli ufficiali, sotto l’influsso della ossessione del capitano: tutti prima o poi indosseranno come lui una mezza maschera che copre la parte inferiore del volto come un hanbō di samurai, uniti tra di loro, “stretti in quel patto, saldati gli uni agli altri nello stesso destino”. Solo quando si lascia spazio alla propria umanità, quando l’odio e l’ossessione lasciano il cuore, la maschera lascia libero il volto.      
Il “blank verse” con cui l’attore e autore inglese ha adattato nel 1955 il testo di Melville per il palcoscenico ci riporta direttamente a Shakespeare, Marlowe e Milton. Con la sua ritmica interiore, ben resa nella traduzione di Cristina Viti, permette alle parole di fluire velocemente, sospese tra dialogo e racconto, poesia e canto, con cori marinareschi egregiamente armonizzati dagli attori e sottolineati da gesti sincroni come i colpi di remi delle scialuppe baleniere che inseguono la preda. La musica è una voce recitante in più nella storia: eseguita dal vivo da Mario Arcari sul palco, è di volta in volta canto, sottolineatura rumoristica, coloritura emotiva. Tutto ciò dà luogo ad una prova d’attore completa e travolgente quanto l’ingresso del Capocomico all’inizio della rappresentazione, che si trasforma in un istante, con la sola voce e il solo gesto, in un possente Re Lear che solca il palco con la stessa veemenza di una baleniera.
Come previsto nel testo di Welles, ogni attore è chiamato ad interpretare più ruoli e a cantare e così Elio De Capitani è altrettanto grandioso sia che interpreti il re shakespeariano, o sul pulpito o con l’arpione in mano. Tutto l’equipaggio che lo accompagna è all’altezza e trae il meglio da questa opera di puro virtuosismo teatrale. Il piccolo Pip / Giulia Di Sacco è commovente fino alle lacrime, Starbuck / Marco Bonadei ci fa sentire la nostalgia di casa, ma anche il suo senso del dovere e Ishmael / Angelo Di Genio, che vuole vedere il mondo, ci accompagna con il suo sguardo spettatore, aperto e solitario, fino al tragico epilogo di cui rimarrà unico testimone. Una menzione anche per Alessandro Lussiana che, nei piccoli ruoli di Elijah e Tashtego ci ha inceneriti con i suoi occhi ardenti quasi di cieco.Due ore e mezzo di spettacolo serrato e senza pause, che hanno reso davvero il teatro un luogo magico!

Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 20 febbraio 2024


MOBY DICK ALLA PROVA
13 febbraio - 3 marzo 2024

di Orson Welles
Adattato - prevalentemente in versi sciolti - dal romanzo di Herman Melville

traduzione Cristina Viti
uno spettacolo di Elio De Capitani
costumi Ferdinando Bruni
maschere Marco Bonadei
musiche dal vivo Mario Arcari e Francesca Breschi
luci Michele Ceglia, suono Gianfranco Turco

con Elio De Capitani
Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Di Sacco, Vincenzo Zampa
assistente regia Alessandro Frigerio
assistente scene Roberta Monopoli
assistente costumi Elena Rossi

coproduzione Teatro dell'Elfo e Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale


TEATRO ELFO PUCCINI
Corso Buenos Aires, 33 MILANO
tel: 02 00660606
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foto: Marcella Foccardi


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