Il barone rampante
Milano, Piccolo Teatro Grassi, dal 20 gennaio al 5 febbraio 2023

In occasione del centenario della nascita di Italo Calvino arriva sulle scene del Piccolo Teatro Grassi, in prima assoluta, la pièce tratta dal secondo atto della sua “Trilogia dei Nostri Antenati”: il Barone Rampante, capolavoro che racconta la storia, ambientata nella Liguria del Settecento, del giovane nobile Cosimo Piovasco di Rondò e del suo affrancarsi dal controllo e dalle volontà paterne rifugiandosi per sempre sui rami degli alberi intorno alla casa degli avi.
Una materia visionaria trattata con la leggerezza di linguaggio tipica di Calvino, la cui magnifica messa in scena ha tenuto inchiodati sulle poltrone del Piccolo Teatro Grassi per ben tre ore gli spettatori grazie anche all’adattamento e alla regia di Riccardo Frati,  e all’eccezionale lavoro di tutto il gruppo teatrale.
Che l’aspettativa per questo spettacolo fosse altissima era già chiaro dal tutto esaurito registrato su tutti gli spettacoli milanesi: a chi non è riuscito ad accaparrarsi un posto non resta che sperare in date fuori Milano o aspettare le repliche del Piccolo, che sicuramente ci saranno nella prossima stagione.



Sorretta dalla poesia del testo originario, ci viene proposta un’emozionante, immaginifica rappresentazione di cosa significhi vivere con gli altri e sul desiderio di libertà che non può tradursi in isolamento individuale, sulla crescita personale e sui percorsi straordinari che ci conducono ad essa, sul costo della coerenza e sul costo dell’incostanza e, naturalmente, sull’ amicizia e sull’amore. In realtà molte altre cose possono essere lette in questo testo che tanti hanno affrontato da ragazzi, magari non proprio per scelta personale, e che appartiene alla categoria meravigliosa dei libri che offrono sempre qualcosa di nuovo ad ogni rilettura.
Ogni momento di questo spettacolo è leggero come una piuma, stimola la fantasia e il sorriso e legittima l’affidarsi dello spettatore, il suo abbandonarsi dentro la storia.
Sul ristretto palcoscenico del Grassi la scenografia di Guia Buzzi sembra inizialmente semplice ma già è affascinante: su un fondale bianco retroilluminato spiccano come sculture di Fausto Melotti quattro gruppi di cavi di acciaio, i tronchi degli alberi. In primo piano un tavolo vestito, ricoperto fino a terra da una candida tovaglia. Il sapore del secolo è reso dal calamaio con la penna d’oca e dalla doratura in argento fino delle gambe degli sgabelli intorno alla tavola. Ma ecco che lo spettacolo parte e le bellissime luci di Luigi Biondi disegnano gli spazi e il cambio scena: dopo l’incipit del romanzo, recitato da Biagio che sarà anche la voce narrante, siamo a tavola!



Entrano i personaggi, nei ricchissimi costumi disegnati da Gianluca Sbicca, filologicamente perfetti ma gonfiati e irrigiditi così da permettere agli attori movenze in parte innaturali e pomposamente sontuose, come si conviene al rango. Solo il dodicenne Cosimo, interpretato da Francesco Santagada, e il suo fratellino Biagio, interpretato da Giovanni Battaglia, hanno abiti ricchi ma capaci di mostrare le scattanti e agilissime movenze dei ragazzi. I due attori si mostrano già nel loro aspetto da adulti o, nel caso di Biagio, addirittura da anziani. Tuttavia, sono eccezionali nel rendere solo con la voce e con il corpo la giovanissima età. Ogni scena, ogni passaggio meriterebbe di evidenziarne gli aspetti più belli, ma non possiamo togliere allo spettatore tutto il gusto della scoperta. Evidenziamo quindi solo alcuni momenti scelti con gusto totalmente soggettivo. Ad esempio, il pasto della sorella Battista, interpretata da Marina Occhionero in abito nero e soggolo candido, condannata dalle convenzioni sociali a una vita riservata da monaca di casa. Dando le spalle al pubblico, si produce in una incredibile scarnificazione di un pollo: invisibile, il volatile viene aggredito con famelica e chirurgica violenza da quello che sembra un ragno nero, la testa china sulla preda, le zampe puntute che si muovono a scatti formando angoli inusitati. Anche lei, come Cosimo, è una ribelle e una libera pensatrice costretta però a sfogare tutte le sue energie sul cibo e sulla cucina: una Erinni cucinaria che si vendica propinando alla famiglia i suoi manicaretti creativamente disgustosi.
Bellissime le scene notturne: la spedizione notturna di Cosimo in cantina per liberare le lumache messe lì a spurgare, sempre seguito dal docile Biagio, potrebbe essere tratta da un quadro di Georges de La Tour.
E poi gli alberi, e il bosco, evocati dai cavi tesi verticalmente, dai saliscendi dei rami a scala e dalle bianche vele pronte a colorarsi di albe e tramonti, diventare fronde scure e avvolgenti nella notte e prendere fuoco grazie alle animazioni di Davide Abbade, dal sapore di illustrazione. Questi alberi consentiranno viaggi e avventure, come quelli di una intera flotta di navi dei pirati illuminati da una luna gigante, da cui salterà la testa del misterioso, ambivalente e inconcludente Cavalier Avvocato Enea Silvio Carrega, idraulico e ingegnere, interpretato da Nicola Bortolotti.



Di particolare poesia, piena di tenero umorismo, è la teutonica Generalessa Madre – Diana Manea – sempre di vedetta dall’altana della villa con un cannocchiale militare, in trepida ammirazione delle prodezze dell’amato figliolo. Straordinario e duttile Michele dell’Utri, che si cala con immutata efficacia nei panni diversissimi dell’insipiente e sonnacchioso Abate precettore e del terribile brigante Gian dei Brughi, un famelico lettore dal gusto esigente, spaventoso nell’ira se il libro non è quello desiderato, disposto a tutto per un buon romanzo, anche alla morte.



Commovente anche il vecchio barone, interpretato da Mauro Avogadro: da tempo ha perdonato il figlio, ha imparato ad amarlo per quello che è, ed è perfino orgoglioso dei risultati che il suo primogenito ha raggiunto; ormai vecchio e stanco, gli consegna la spada nobiliare, in un simbolico passaggio generazionale, accettata da Cosimo con la signorilità di chi si impegna ad essere degno del nome di Uomo.
E infine Viola, anch’essa interpretata da Marina Occhionero, l’indomabile, dispotica, bellissima Viola che farà conoscere a Cosimo l’amore, il desiderio, la gelosia e il rimpianto. Bellissima la scena del loro amore tra gli alberi, che finisce con una silhouette degna di Ugo Mochi.
Infine vorremmo citare maggiormente la energetica performance su e giù dai rami del giovane e bravissimo Cosimo - Francesco Santagada, che tocca però anche straordinari momenti di dolcezza, uno fra tutti la delicatissima vicinanza alla madre morente.



La decisione di Cosimo di salire sull’albero, nata da un gesto di ribellione all’imposizione paterna di mangiare i famigerati mangiarini preparati dalla sorella Battista, subitaneamente si trasforma in un percorso di emancipazione e di sperimentazione. Su un mondo parallelo fatto di tronchi, rami e foglie, percorre una rete interconnessa che gli permette di spaziare ben oltre i noti limiti per conoscere un mondo che è nuovo forse proprio perché ci si relaziona da una prospettiva diversa. E tutto questo cambierà per sempre la sorte del nostro eroe e anche di molti intorno a lui, nel bene e nel male.  E di ramo in ramo, di avventura in avventura Cosimo il Barone Rampante passerà tutta la sua vita in alto, invecchierà e, senza mai recedere dalla sua intenzione originale, giungerà alla vecchiezza senza mai aver nuovamente toccato terra. Giunto alla fine, potrebbe tornare sulla terra dei padri come una foglia, che alla fine cade. Ma l’incredibile accade: con le ultime forze Cosimo afferra l’ultima occasione e parte per l’ultimo viaggio, riesce a rimanere alto, ancora di più, portato via da una mongolfiera. Al fedelissimo Biagio, che per tutta la vita ha seguito e supportato l’amato fratello maggiore, non resterà altro che una piuma e una eredità morale inafferrabile: “qualcosa che abbracciasse tutto” cercato “essendo così spietatamente sé stesso” perché solo così “poteva dare qualcosa a tutti gli uomini”.
Memorabile.






La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 20 gennaio 2023.














IL BARONE RAMPANTE

di Italo Calvino

adattamento e regia Riccardo Frati
con (in ordine alfabetico) Mauro Avogadro, Giovanni Battaglia, Nicola Bortolotti, Michele Dell'Utri, Diana Mapea, Marina Occhionero, Francesco Santagada

scene Guia Buzzi
costumi Gianluca Sbicca
luci Luigi Biondi
composizione musicale e sound design Davide Fasulo
animazioni Davide Abbati

produzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa










Foto Masiar Pasquali



Piccolo Teatro Grassi
via Rovello, 2 -  MILANO
tel: 02 21126116

ORARIO SPETTACOLI
venerdì 20 ore 20.30
sabato 21 ore 19.30
domenica 22 ore 16.00
martedì 24 ore 19.30
mercoledì 25 ore 20.30
giovedì 26 ore 19.30
venerdì 27 ore 20.30
sabato 28 ore 19.30
domenica 29 ore 16.00
martedì 31 ore 19.30
mercoledì 01 ore 20.30
giovedì 02 ore 19.30
venerdì 03 ore 20.30
sabato 04 ore 19.30
domenica 05 ore 16.00



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