Scritto da Gabriele Martelli e Alex Marenga Venerdì 29 Luglio 2016 09:48 Letto : 2628 volte
Quale occasione migliore quindi per pubblicare un relativo remaster? Qualsiasi band in simili circostanze pubblicherebbe un box con qualche brano inedito, un bel packaging e quintali di inutili bonus tracks. Ma i Tuxedomoon non sono una band qualsiasi e non sono scontati neppure nel celebrare un traguardo così importante. Questa nuova edizione di “Half Mute” contiene ovviamente l’album pietra miliare dell’avanguardia new wave, insieme ad un ulteriore cd in cui un folto numero di band e musicisti vicini alla poetica dei Tuxedomoon, con l’avvallo e talvolta la partecipazione dei tre, si sono divertiti a rileggere e reinterpretare uno per uno i dieci brani di questo capolavoro e i due singoli (“Crash” e “Dark Companion”) suoi contemporanei. “Half Mute” si è imposto nel 1980 come un disco non convenzionale sin dalla sua conformazione di base, un alternarsi (come il titolo suggerisce) di brani strumentali e canzoni con elemento testuale. Dal punto di vista strettamente musicale è un disco estremamente innovativo, dove elementi di ricerca sonora e composizione elettronica si fondono con la canzone ossessiva in stile post punk/new wave, dimostrando che mondi sonori apparentemente lontani non sono poi così inconciliabili se da un brano pacato e suadente come “Nazca” si passa senza soluzione di continuità a “59 to 1” col suo incedere corrosivo e travolgente. Paesaggi sonori ricchi e variegati sono costruiti attorno ad idee musicali forti, pregnanti, che rimangono incastrate nelle orecchie di chi ascolta, siano esse temi, giri di basso (“Fifth Column”), cellule ritmiche (“Tritone”) o testi (“Loneliness”): Proprio questo è il “segreto di bellezza” di un disco di ricerca che rimane giovane anche con il passare degli anni, poiché il suono può invecchiare, le idee restano sempre fresche ed il calore con cui ogni volta che canzoni come “What Use?” “7 Years” o “KM/Seeding The Clouds” vengono accolte dal pubblico in sede live ne è la riprova.Ed ecco spiegabile così la scelta (apparentemente bizzarra) di inserire un “disco-tributo” come bonus disc in una remastered edition di un disco storico. Le riletture con suoni più attuali dei momenti di “Half Mute” arrivano ad esplorare territori musicali che nel 1980 erano in parte preclusi, in qualche modo proseguendo un discorso intrapreso 36 anni fa. “Nazca”, ad esempio, nella versione di Simon Fisher Turner, privata del tema sax che caratterizza l’originale, diventa un brano molto diverso che si addentra in atmosfere puramente elettroniche. Gli Zero Gravity Thinkers esaltano invece il carattere robotico di “59 to 1”, in un mondo sonoro che non ruota più attorno alla vocalità malata per la quale conosciamo la song, ma trova la sua ragione nell’allontanarsi totalmente dall’elemento umano/emotivo. Molto gradevole la versione elecrto-acustica di “Fifth Column” ad opera dei The Man From Managra, che si avvalgono qui dell’intervento dello stesso Blaine Reininger. Di “Tritone” apparentemente ben poco rimane nella versione di Norscq, sull’elemento armonico principale si stagliano dilatati frammenti melodici del tema originale. Il mood è del tutto diverso rispetto a quello che il pubblico ben conosce, esperimento davvero apprezzabile di creare un qualcosa di nuovo a partire da un brano già esistente. Ai Cult With No Name è affidata la reinterpretazione di “Loneliness”, con un inedito pianoforte a fingere da spina dorsale della canzone. Le sonorità aperte e rilassate in contrasto con un testo così cupo sono l’ennesima sorpresa di questo disco. Da segnalare la versione di “What Use?” offerta da Foetus, in cui tutti gli elementi principali della song originale sono mantenuti, in particolare temi ed approccio trascinante e groovy. Il basso è sostituito nella sua funzione da synth arpeggiati, una voce scura vicina a quella di Fernando Ribeiro dei Moonspell si sposa perfettamente con gli archi e i suoni electro che pervadono l’ambiente sonoro. I Palo Alto e Steven Brown rileggono “Volo Vivace” restando molto fedeli come intenzione all’originale, pur facendo un ottimo lavoro dal punto di vista dei suoni impiegati, mentre Giorgio”the Dove” Valentino & Grey Lotus amplificano la psichedelia decadente intrinsecamente contenuta in “7 Years”. “KM/Seeding the Clouds” è il momento più “suonato” del disco, l’elettronica cede inizialmente spazio ad una band che si diverte su un riff trainante con un sax molto free in prima linea. Un forte momento di destrutturazione riporta infine nelle atmosfere più dark tipiche di questa composizione e della sua sezione cantata. Molto spesso ci si trova ad ascoltare l’ennesima edizione di un disco storico che si conosce a menadito, finendo poi per non trarre una maggior conoscenza della musica in esso contenuta. Certamente non è il caso di questa release che dal lato “Half Mute” sottopone nuovamente all’ascolto pagine musicali talvolta date ingiustamente per scontate ed invecchiate, mentre e dal lato “Give Me New Noise” le stesse composizioni sono spinte oltre i confini incisi a suo tempo su disco. di Gabriele Martelli
E’ sempre difficile rapportarsi ad una pietra miliare e “Half Mute”, uscito originariamente il 15 marzo del 1980 per l’etichetta dei mitici Residents , la Ralph Records, è inequivocabilmente una di queste. L’album succede a due E.P che il gruppo realizza fra il 1978 e 1979 e colloca i Tuxedomoon all’interno di quell’avanguardia interna al movimento new wave e post-punk che manipola diverse influenze definendo uno stile originale e innovativo. di Alex Marenga |
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