Scritto da Valeria Lupidi Domenica 20 Marzo 2022 07:27 Letto : 1057 volte
Inserita nel ciclo delle beffe, Mostellaria è tra le più note commedie plautine per il suo semplificare la tipologia dell'intreccio comico tipico dello scrittore greco: l'inganno, la gozzoviglia, la pigrizia e la beffa, sono i motori degli eventi. Anche questa rappresentazione teatrale tiene fede a tali presupposti: il vecchio padre parte per un viaggio, il figlio, complice un servo astuto, sperpera il patrimonio del genitore e addirittura si indebita; inaspettatamente il padre torna e così il servo imbroglione inganna il padrone dicendogli che la casa è infestata da un fantasma. Da qui iniziano una serie di situazioni surreali che si aggrovigliano l'una con l'altra andando a complicare sempre più la storia e costringendo il giovane servo ad inventare eventi e situazioni sempre più rocambolesche. Ma alla fine il vecchio genitore capisce di essere stato ingannato e mette in atto la sua vendetta. Ciò che solitamente rimane più impressa nelle commedie di Plauto è la carrellata di personaggi, sempre molto dettagliati, dinamici, irriverenti, a volte volgari, costruiti per scatenare la risata. Ogni persona ha dentro di sé uno studio psicologico e un tipo di carattere che gli attori devono fare emergere. In questa versione teatrale le caratteristiche di ciascuno sono state messe mirabilmente a fuoco. Non solo le movenze, i costumi, il trucco, ma il tocco geniale è stato attribuire ad ogni soggetto una parlata diversa sfruttando la varietà di dialetti che offre il nostro Paese. Certo, volendo cercare "il pelo nell'uovo", emerge qualche stereotipo: il servo scaltro ed imbroglione parla il napoletano ed ha l'ampia gestualità propria dei partenopei; l'usuraio ha una vaga inflessione marchigiana; il servo fedele al padrone e grande lavoratore è nordico. Che dire, poi, delle due figure femminili: un'oca giuliva ed una vecchia borbottona. Tutte riuscite le caratterizzazioni dei personaggi, bravi gli attori, ma da apprezzare in modo particolare sono, sia l'interpretazione del servo, così eclettica e solo apparentemente superficiale e, a parere di scrive, sia il figlio "Fiordamore", nome onomatopeico, che incarna perfettamente il ruolo ricoperto, con espressioni del viso sognanti che traspaiono anche attraverso il pesante trucco. Lo stesso attore, anche se solo per pochi minuti, interpreta anche un secondo personaggio: un servo che con la sua apparizione determina la svolta di tutto il racconto. In tale ruolo, sparita la quarta parete, mette in atto un divertente dialogo col pubblico in sala ed una pantomima esilarante. Il divertente spettacolo, adattato da Vincenzo Zingaro, fa emergere in tutta la sua pienezza i canoni della commedia classica, intrecciandosi a pieno titolo anche con la cosiddetta commedia all'italiana, tanto cara al nostro cinema. Una rappresentazione coinvolgete adatta ad un pubblico di qualsiasi età. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 19 marzo 2022. |
MOSTELLARIA
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