Il Bacio
Milano, Teatro Delfino, 3 Febbraio 2017

Due sconosciuti persi in fondo ad un bosco. Su una panchina che potrebbe essere una banchina della metropolitana o il capolinea di un treno, metaforicamente il capolinea della vita dove le immagini scorrono veloci e si tirano le somme.

Due vite apparentemente diverse, a tratti parallele, ma unite dal comun denominatore di una malinconia non troppo latente, di una condizione umana tentennante. Una finestra sulla vita: due storie di “uomini difettosi” le cui esistenze sembrano vissute come ad una festa alla quale non si ha l’invito.

Si tratta di Barbara De Rossi e Francesco Branchetti, anche alla regia, che portano in scena la rappresentazione teatrale “Il bacio” dell’olandese Ger Thiji.

Un flusso di coscienza. Lui è insoddisfatto per non essere riuscito a realizzare il sogno di diventare attore e fa i conti con un passato ingombrante. Lei immaginava una vita diversa condivisa invece con un marito che ormai non ama più.

I due si ritrovano a dividere un tratto di strada durante la quale emerge, dopo l’iniziale e  reciproca diffidenza, la necessità di raccontarsi e di condividere e infine di comprendersi. Un incontro fortuito e inaspettato che sconvolge le prospettive di entrambi arricchendole. In fondo è più facile essere compresi quando si vive il medesimo disagio e paradossalmente quando si è sconosciuti e pertanto estranei a ogni forma di giudizio. Il bacio conclusivo corona un racconto dove si mescolano parole, rumori e giorni.  Non si tratta però di una storia d’amore quanto di conforto: “ogni io è sempre un altro per un altro io”. Il significato più profondo dell’opera è riconoscersi umani e in quanto tali “esseri relazionali”. E’ una mano tesa tra le sabbie mobili.

Ciò che colpisce è la fragilità che pervade i due personaggi che cercano, rapportandosi, di fronteggiare il timore senza cedere al suo ricatto. Nonostante il timore possa avere sempre più argomenti è un invito a scegliere la speranza. Le risposte, in una clima che indica la deriva come unica direzione verso cui ci si dirige, sembrano rappresentate dalla capacità di riflettersi e riconoscersi umani capaci di dialogare, interagire ed integrarsi.
Il testo risulta estremamente coinvolgente, ben orchestrato e ricco di simbologia. Quanto alla rappresentazione appare piuttosto intermittente.
Sembra come un bambino che con le dita crea disegni sulla sabbia che la risacca porta via celermente. Evocativo, ma sfocato. Si alternano momenti di struggimento dove gli attori sono quello che raccontano a lunghi monologhi che non catturano dove non emerge nitidamente il sentire delle voci narranti. La messa in scena non rende nella totalità un testo di enorme potenziale.

Comicità e dramma si mescolano e sovrappongono e il risultato non è sempre vincente. Vincente risulta invece la scelta delle musiche di Pino Cangialosi. La musica segue il flusso delle parole facendo da filo conduttore al racconto e aiutando a identificare le diverse sfumature della rappresentazione. Bilancia e raccorda

Da vedere o rivedere?

 


Milano, Teatro Delfino, 02 febbraio 2017

con:
Barbara De Rossi
Francesco Branchetti

Commedia di Ger Thijs

Traduzione: Enrico Luttmann
costumi: Francesco Branchetti
musiche: Pino Cangiolosi
scene: Alessandra Ricci
foto: Mariateresa Saglio

grafica: Valerio De Vellis
assistente alla regia: Simone Lambertini

regia: Francesco Branchetti


 

 

 

 


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