Giovanni Scifoni, può senz'altro essere identificato quale giullare del nostro tempo. Nella suggestiva scenografia dell’antico Teatro Romano di Ferento, nel viterbese, egli ha saputo attirare, con un monologo di oltre due ore, l’attenzione del numeroso pubblico, evidenziando una poliedricità a 360 gradi.
Con un repertorio non comune fatto di recitazione, canto, danza e disegno estemporaneo, il tutto accompagnato dagli strumenti antichi dei musicisti Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, che hanno reso lo spettacolo interessante anche sul fronte musicale, egli ha riproposto le fasi salienti della vita di Francesco con semplicità ma con profondità di intenti, sottolineando in maniera, anche ironica, i tratti più significativi “dell’uomo più famoso del Medioevo”, come le sue aspirazioni cavalleresche, l’improvvisa conversione, il distacco dal mondo, l’aver sposato la povertà, il suo modo particolare di predicare creativo e artistico, l’incontro con il papa Innocenzo III o quello con il sultano. Questi momenti sono stati resi con una capacità tecnica, scenografica e linguistica tali da stimolare la riflessione e l’ilarità, anche attraverso alcune interazioni con la platea e con i musicisti, non mancando di effettuare interessanti digressioni sull’attualità. Particolarmente coinvolgente è stato il racconto dell’invenzione del presepe a Greccio: l’attore ha evidenziato in modo umoristico ma significativo, come questo evento sia ancora vivo oggi, nonostante gli aspetti consumistici del Natale. Egli ha inoltre reso in modo toccante la fragilità fisica di Francesco nel suo ritiro a La Verna, specie nel momento culminante in cui furono impresse nella sua carne le stimmate, i segni della passione di Cristo. Infine, attraverso la recitazione ed il canto del primo componimento lirico in volgare italiano della storia, il Cantico delle Creature, l'inteprete ha nuovamente emozionato, catalizzando l'attenzione, ancora una volta, di un pubblico decisamente entusiasta. In una società come quella attuale dove tutto sembra sempre più complesso e caotico, il monologo invita a rileggere la figura di San Francesco e a soffermarsi sulla semplicità della vita, sul rispetto della Natura e delle persone, sulla vacuità della ricchezza materiale alla luce della letizia e della fede perché “quando c’è qualcuno disposto ad ascoltare succede che la Parola si fa Carne”.
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coproduzione Teatro Carcano – Mismaonda – Viola Produzioni
FRA' - San Francesco, la superstar del medioevo
di e con Giovanni Scifoni regia Francesco Ferdinando Brandi
Musiche originali - Luciano Di Giandomenico. Strumenti antichi suonati da: Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò, Stefano Carloncelli
Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali? Come farò a mettere in scena questo spettacolo senza che sembri una canzone di Jovanotti? Se chiedo ad un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco. Perché tutti conoscono San Francesco? Perché sono stati scritti decine di migliaia di testi su di lui? Perché è così irresistibile? E perché proprio lui? Non era l’unico a praticare il pauperismo. In quell’epoca era pieno di santi e movimenti eretici che avevano fatto la stessa scelta estrema, che aveva di speciale questo coatto di periferia piccolo borghese mezzo frikkettone che lascia tutto per diventare straccione? Aveva di speciale che era un artista. Forse il più grande della storia. Le sue prediche erano capolavori folli e visionari. Erano performance di teatro contemporaneo. Giocava con gli elementi della natura, improvvisava in francese, citando a memoria brani dalle chanson de geste, stravolgendone il senso, utilizzava il corpo, il nudo, perfino la propria malattia, il dolore fisico e il mutismo. Il 24 dicembre celebreremo gli 800 anni del presepe di Greccio, la più geniale (e più copiata) invenzione di Francesco. Ma all’epoca non c’era la siae. Il monologo, orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, si interroga sull’enorme potere persuasivo che genera su noi contemporanei la figura pop di Francesco, e percorre la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte, dalla predica ai porci fino alla composizione del cantico delle creature, il primo componimento lirico in volgare italiano della storia, Francesco canta la bellezza di frate sole dal buio della sua cella, cieco e devastato dalla malattia. Nessuno nella storia ha raccontato Dio con tanta geniale creatività. Francesco sapeva incantare il pubblico, folle sterminate, sapeva far ridere, piangere, sapeva cantare, ballare. Il vero problema con cui mi sono dovuto scontrare preparando questo spettacolo è che Francesco era un attore molto più bravo di me. E poi il gran finale, la morte, il rapporto di fratellanza, quasi di amore carnale che aveva Francesco con Sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare. E neanche il pubblico potrà scappare da questo finale, incatenati sulle poltrone del teatro saranno costretti anche loro ad affrontare il vero, l’ultimo, grande tabù della nostra contemporaneità: non siamo immortali (fonte: comunicato stampa).
Teatro Romano Ferento, Strada Teverina Km 8 (Bivio Strada Ferento)
www.teatroferento.it Info Biglietteria: 328 7750233 (anche WhatsApp) Info Spettacoli: 393 9041725
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