La veneranda età di venti illustri lustri e ancora inesauribile fonte di ispirazione per dibattiti, studi ed interminabili disquisizioni. Una manna/nemesi per i critici e una costante sfida per il pubblico; entrambi i gruppi non smettono mai di stupirsi del cambio di prospettiva a cui Pirandello obbliga, attraverso questa che può essere definita la sua opera più cervellotica e psicopatologica, tra gli innumerevoli suoi lavori.
La poetica dell’autore si estrinseca in questa sua fatica, divenendone manifesto, esegesi, lectio magistralis. Il fulcro di tutto non è incentrato su una trama, una storia, un racconto, un frammento di vita, un’esperienza ma sui protagonisti che dovrebbero viverla, che vorrebbero rappresentarla in prima persona per renderla vera, reale, uno spaccato di vissuto, senza quei filtri dettati dagli schemi imposti da coloro che calcano i palcoscenici: assolutamente non per interposta persona. In questo assunto, neanche Stanislavskij con il suo geniale metodo, troverebbe posto. Tutto ciò, poiché il centro dell’universo risulta essere il personaggio stesso con la sua inimitabile unicità e non la sua storia, il suo racconto: il copione è dentro il personaggio, non può essere interpretato da altri se non da lui. Una provocazione? Forse ma è doveroso riportare un estratto di Pirandello stesso: "O perché – mi dissi – non rappresento questo novissimo caso d’un autore che si rifiuta di far vivere alcuni dei suoi personaggi, nati vivi dalla sua fantasia, e il caso di questi personaggi che, avendo ormai infusa in loro la vita, non si rassegnano a restare esclusi dal mondo dell’arte? Essi si sono già staccati da me; vivono per conto loro; hanno acquistato voce e movimento; sono dunque già divenuti di per se stessi, in questa lotta che hanno dovuto sostenere con me per la loro vita, personaggi drammatici, personaggi che possono da soli muoversi e parlare; vedono già se stessi come tali; hanno imparato a difendersi da me, sapranno ancora difendersi dagli altri. E, allora, ecco, lasciamoli andare dove sono soliti d’andare i personaggi drammatici per aver vita: su un palcoscenico. E stiamo a vedere che cosa ne avverrà." Coerenza e paradosso, razionalità e contraddizione, diffidenza verso ideali tuttavia esplicitata attraverso gli stessi: sono queste le principali caratteristiche del "metateatro" Pirandelliano e di "Sei personaggi in cerca d'autore". Con il suo "teatro nel teatro", oltre alla completa autonomia dei personaggi ed alla dissacrazione del momento artistico, Pirandello cerca (e trova) un pretesto per una critica sul teatro stesso, sfondando quella barriera dettata dalla classicità che impediva il miscelarsi della finzione scenica con un dibattito teorico su di essa: descrive così l'impossibilità che ha l'arte (declassificandone il potere, sino a renderlo pressoché nullo) di comprendere o anche solamente rappresentarne teatralmente la vita. Questa critica all'arte, di cui Pirandello si fa portavoce, viene appositamente diffusa attraverso un utilizzo ipocrita dell'arte stessa, tuttavia con apparente oziosità scaturita dall'autore che lascia i "suoi" personaggi girovagare senza alcuna meta, alla ricerca (che si scoprirà vana) di un secondo senso, nascosto dietro a quello apparente e frammentato. La loro incessante bramosia di sapere, tuttavia, resterà tale: se ai frammenti di storia "consegnati" dall'autore ai personaggi venisse donato un senso saldo e congiunto, si sfocerebbe all'interno della tanto evitata finzione scenica e teatrale. I personaggi sono quindi sia indipendenti dall'autore che dipendenti dalla volontà di esso di renderli tali, assegnando loro solamente sprazzi disgiunti di storia e personalità. Un palcoscenico con una scenografia lineare, tendente all’essenzialità ma dopotutto adeguata allo scopo: porre l’attenzione sull’interprete e non sull’ambiente in cui si muove. Una riuscita scelta di colorazioni candide per gli abiti di scena dei teatranti, in contrasto con i toni grigio-scuri dei personaggi in cerca d’autore. Brani, ben selezionati, di musica classica hanno saltuariamente introdotto alcune scene in maniera elegante ed un gioco di luci, poco invadente, ne ha colorato gli ambienti. Gli attori (anche quelli a cui sono stati assegnati ruoli marginali) hanno saputo distinguersi per un’interpretazione coinvolta, appassionata e mai didattica. Un plauso alla pachidermica memoria di Marcello Amici, nel ruolo del padre (forse, a volte, rallentare il ritmo espositivo, avrebbe giovato), una standing ovation clamorosa e scrosciante di applausi per Marina Benetti, che, interpretando il ruolo della figliastra, ha trovato le “frequenze assolute” per far vibrare l’anima di chi scrive (le sue, erano lacrime vere!). Ottima la presenza scenica e la capacità comunicativa anche di Maurizio Sparano, nelle vesti del direttore/capocomico. In generale lo spettacolo è stato (seppur ovviamente rielaborato) ben congegnato e studiato, donando un’aurea di originalità alla pièce, seppur mantenendosi all’interno di un modello tradizionale, già disegnato dalle numerosissime precedenti rappresentazioni (un secolo di storia, traccia inevitabilmente un solco ben definito). Solo la pioggia ormai scrosciante (il teatro era all’aperto) ha limitato il giusto tributo di applausi per la compagnia; quello personale di che scrive, arriva ora, meritatissimo e caloroso.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 7 luglio 2022
|
|
Pirandelliana
Sei Personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello Regia: Marcello AMICI Compagnia teatrale: La bottega delle maschere
con I personaggi della commedia da fare: Marcello AMICI - Il padre Tiziana NARCISO - La madre Marina BENETTI - La figliastra Ivan VOLPE - Il figlio una marionetta - La bambina una marionetta - Il giovinetto Mariaelena PAGANO - Madama Pace Gli attori della compagnia: Maurizio SPARANO - Il direttore-capocomico Giovanna POLA - La prima attrice Fabio GALASSI - Il primo attore Michele CARNEVALE - Il caratterista Maria Pia CARDINALI - Un'attrice Michele CALABRETTA - Un attore Lucilla DI PASQUALE - Il suggeritore
Giardino di Sant'Alessio all'Aventino Piazza Sant'Alessio 23 Roma
|