Scritto da Marcello Pavesi Martedì 24 Ottobre 2006 21:42 Letto : 2312 volte
Minimalista la copertina rossa con la scritta God is a major, piazzato in centro a grandi caratteri, che ha un'aria ironicamente accusatoria nei confronti delle tante etichette (le major appunto) che si arrogano il monopolio di ciò che il popolo deve ascoltare. E minimalista è anche il suono di Herself. La chitarra è dolce, ipnotica e martellante in molti pezzi e la voce in tutte le canzoni è prevalentemente sussurrata, ma senza lasciare troppo relax all'ascoltatore... Sì perchè le melodie cantilenanti, sporcate qua e là in Stoned e in Stand in a graveyard da rumori d'ambiente, sono cantate con una sorta di voluto abbandono... Infatti è l'ideale ascoltare God is a major in solitudine, meglio se il giorno è piovoso ed essere tristi e commuoverci ci rende felici. Perchè questa è la sensazione che dà l'album... la piacevolezza di essere malinconici, che ha il suo apice in Day goes by o July 2, by the lake. La sensazione di torpore che ci ha dato finora l'album viene spezzata dall'acidità elettro-rock di To become a trappist/aerolith ultima canzone dell'album, incalzante, distorta e frenetica. Chiudendo il libretto con i pochi testi delle canzoni si nota la frase ...it was wonderfull, guys, but now is gone! (...è stato bello, ragazzi, ma adesso è finito!) e con tutti i ricordi che ci a riesumato quest'album è esattamente ciò che stiamo pensando. |
Gioiele Valenti: Voce, tutti gli strumenti Anno: 2006 |